giovedì 30 aprile 2009

martedì 14 aprile 2009

giovedì 9 aprile 2009

Un minuto di rumore.

È notizia di questi giorni la morte di centinaia di persone (quasi 300, stando alle notizie) a causa delle scosse sismiche in Abruzzo. L’Italia è concentrata su questo avvenimento: notiziari che ci aggiornano ora dopo ora; notizie in prima pagina sui quotidiani etc.
Delle auto-bomba sentiamo al massimo l’eco, ma stavolta a morire sono i nostri vicini di casa e la cosa ci turba.
Su Facebook sono stati creati tantissimi gruppi in segno di… solidarietà? Alcuni esempi: “x le vittime del terremoto in abruzzo…”; oppure “Tutti quelli di Facebook vicini alle famiglie del terremoto in Abruzzo” (che suona anche male come frase, per altro… “le famiglie del terremoto”) e altre cose del genere. Su Messenger invece la solidarietà e l’affetto verso queste persone lo si può dimostrare inserendo comodamente l’emoticon di una rosa nel proprio nickname: in due giorni Messenger è diventato un vivaio.
È possibile che adesso qualcuno, leggendo questa cosa che sto scrivendo, mi dia dell’insensibile, del cinico. Penserete che sono composto per lo più di materia fecale.
Chissà, probabilmente lo sono… probabilmente sono io che sbaglio a pensare che iscriversi a uno di quei gruppi su Facebook o aggiungere la sigla “(F)” davanti al proprio nickname sia un gesto piuttosto… squallido? Probabilmente sbaglio dicendo che sono falsi pietismi. Sicuramente sbaglio dicendo che tutte quelle rose non ricostruiranno nemmeno una tegola all’Aquila.
Ricordate il massacro dei monaci buddisti in Birmania di qualche tempo fa? «In segno di solidarietà indossate qualcosa di rosso» ci dissero. Perfetto: nulla in contrario; è giusto riconoscere che certi atti sono profondamente sbagliati, mostrare indignazione verso certi atteggiamenti. È giusto schierarsi contro il massacro di manifestanti innocenti e esprimerlo mettendosi qualcosa di rosso.
Ma diciamoci la verità. Non bisognerebbe vestirsi di rosso ogni giorno?
Ho cercato alcuni dati su internet:
24.000 morti al giorno a causa della fame (di cui 16.000 sono bambini);
una statistica del 2004 diceva che ogni giorno, solo in Italia, vengono stuprate sette donne (oggi sappiamo, inoltre, che nel 90% dei casi lo stupratore è un italiano - anche conoscente della vittima - e non necessariamente un rumeno);
i ragazzi soldato (minori di 18 anni a cui viene data un’arma e affidato il compito di uccidere) sono 300.000;
il numero delle vittime del comunismo cinese non ci è dato di saperlo.
La lista sarebbe infinita mettendoci anche mafia, conflitti vari (di cui non si sente mai parlare), schiavitù, sfruttamento e chi più ne ha più ne metta.
Perché non ci viene detto di vestirsi sempre di rosso? Perché ci accorgiamo delle disgrazie solo in casi di “emergenza”?
Vogliamo metterci in mezzo anche i tipici “minuti di silenzio”?
Non so se ridere o piangere quando, prima di una partita, stadi interi si fermano per quel minutino prima di iniziare a urlare cori e sventolare bandiere.
Ricordo quei fantastici minuti di silenzio alla fine del 2004, per le vittime dello tsunami dell’Oceano Indiano. A mezzanotte del 31 Dicembre tutti abbiamo abbassato le teste e abbiamo fissato il pavimento, con una coscienziosità indicibile e siamo stati in silenzio per rispetto ed amore verso le centinaia di migliaia di morti. A mezzanotte ed un minuto brindavamo all’anno nuovo e ci divertivamo come pazzi.
La verità è che quei silenzi servono a mascherare ipocrisia.
La verità è che quelle rose sono già appassite.

domenica 5 aprile 2009

"La gente è strana: si infastidisce sempre per cose banali, e poi dei problemi gravi come il totale spreco della propria esistenza, sembra accorgersene a stento."
Diceva così Charles Bukowski (uno dei miei scrittori preferiti) e io mi sono fatto “portavoce” di questa affermazione. Ma quanto sono coerente? Non sono forse anch’io una di quelle persone che spreca la propria esistenza? Perché continuo a distrarmi su cosette di poco conto, perché continuo a buttare via pomeriggi per totali futilità e perdo di vista quella che dovrebbe essere la mia strada?

[tratto da "Santa Maradona", Marco Ponti]

sabato 4 aprile 2009

Art session: Zeninho

Stile inconfondibile, maestria nell’uso dei colori e composizioni di forte impatto.
Per le sue foto, ciccate QUI.


(link alla foto)


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giovedì 2 aprile 2009

"Tizio è un farabutto"

"Il problema è linguistico.
La colpa è di chi dice un po'. La colpa di tutto, intendo. Ci ho pensato a lungo e non ho più dubbi.
Un po' è usatissimo, da chiunque, comunque e dovunque. Fateci caso.
Dietro l'apparenza di moderazione che sembrerebbe esprimere addirittura equilibrio e saggezza, nasconde invece mediocrità e qualunquismo.
È triste come l'insopportabile e inqualificabile, oltre che inesistente in natura, "attimino". Diminutivi dell'impossibile accompagnati da sorrisi conciliatori.
Sono stanco di conciliare.
Esempio: si costruisce un orrendo caseggiato in un centro storico? Si dirà "è un po' fuori luogo". Ma non è così: fa schifo, è brutto, non lo voglio, fa cagare!
Il tuo compagno di banco non riesce nemmeno a coniugare i verbi in italiano? Non è un po' confuso: è un ignorante. Forse un idiota. Sarà il tempo a dircelo.
Guidi dopo esserti fatto le canne o impasticcato? Non sei un po' imprudente: sei uno stronzo e un potenziale assassino.
Come si vede, la colpa è solo e sempre di un po'.
E così se qualcuno dichiara guerra per esportare la democrazia, si dirà che è un po' un controsenso.
E invece è una vergogna, un'infamia, una insopportabile ingiustizia che ci si ritorcerà contro.
Un tizio viene indagato per un milione di reati con prove schiaccianti e inconfutabili? Si troverà che i giudici sono un un po' intransigenti, un po' comunisti o un po' fascisti o un po' quel che volete. Ma non è così: più semplicemente il tizio è un farabutto.
E se un ministro, un presidente, un politico, un cardinale, un imperatore, un monarca dicesse che i negri sono tutti ladri, i musulmani incivili e gli arabi perlopiù terroristi, troverete facilmente chi osserverà che le espressioni usate sono un po' colorite. Non sono colorite. Trattasi banalmente di fascista e razzista.
Le parole sono parole e non sono un po' parole. I principi sono principi e non sono un po' principi.
Liberiamoci di un po' totalmente e non in parte. Liberiamo le parole e adoperiamole al meglio. Qualunque vicenda ci apparirà più semplice e chiara.
Starò diventando vecchio e di nuovo intransigente come un adolescente? Può darsi.
Ma mi sento meglio. Non un po' meglio. Molto meglio."
[Fabio Fazio, tratto da Smemoranda '07]