mercoledì 6 agosto 2014

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

Ho aspettato a condividere e commentare la notizia della presunta lectio magistralis di Schettino alla Sapienza, commentando con lo sdegno che ne sarebbe conseguito, cercando di capire se si fosse dimostrata una bufala, sperandoci forte, se non altro. Infatti così è: più che una bufala si tratta di una notizia notevolmente ingigantita. Quello di Schettino è stato un brevissimo intervento inerente alla tragedia della Concordia, durante un seminario in un Circolo Ufficiali dell'Aeronautica Militare, alla presenza di poche decine di persone.
Tuttavia quello che mi lascia perplesso da un po' di tempo è come siamo sempre molto attenti a dare visibilità a persone che meriterebbero di cadere nell'oblio. Come Orwell aveva ipotizzato la sparizione di un sentimento come l'amore, semplicemente abolendo la parola "amore" (e Orwell c'ha visto lungo su tante cose), credo basterebbe smetterla di parlare di Berlusconi, di parlare di Schettino e di tutti quelle persone o questioni che tanto ci piace criticare o commentare, in modo quasi morboso.
Ben intesi, il mio non vuole essere un invito – parafrasando Bob Geldof – al grande balletto dell'indifferenza, è giusto ricordare, è giusto informarsi, è giusto sapere. Quello che voglio dire è che certe figure sguazzano nell'eco mediatica delle azioni che commettono. Ed è inquietante constatare come a prescindere dalla positività o negatività di queste azioni, il ritorno in fama e visibilità che ne hanno è sempre a loro favore.
Vogliamo parlarne? Parliamone. Ma non a sproposito, non solo per il gusto di, non solo per dire la nostra pur sapendo che è un parere comune e largamente condiviso.
Ancora meglio sarebbe non parlarne affatto. Lasciare affossare queste personcine nella dimenticanza e aspettare che siano i libri di storia, un giorno, a classificare Berlusconi come un irrilevante devastatore, Schettino come un trascurabile pluriomicida o gli scontri nella Striscia di Gaza come una guerriglia urbana trasformata in Guerra Galattica solo per questioni mediatiche ed altri motivi che non ho il tempo, lo spazio, e la competenza per analizzare a fondo.

Cioè, ad esempio, io ora ho fatto tutto questo discorso sul non parlare di persone che invece ho nominato più volte. È un paradosso, no?

giovedì 6 marzo 2014

La media bellezza

È estremamente raro che mi metta a perdere del tempo in mezzo a discussioni di questo tipo, dove si schierano due fazioni opposte e si urlano a vicenda. Tuttavia approfitto dell’Oscar a La grande bellezza per fare un discorso un po’ più ampio sul cinema odierno – limitandomi a quelle che sono le mie poche esperienze e competenze – ma soprattutto per aggiornare un blog che sta a fa’ la polvere.


Si sarà notato che l’Oscar dato a Paolo Sorrentino (conosciuto, erroneamente, per aver girato anche Gomorra [vedi Boris]) ha acceso una grossa diatriba sulla validità del film in questione, La grande bellezza.
Subito dopo la premiazione il film è stato trasmesso su Canale 5 e quindi l’hanno visto in tipo 9 milioni. Al che il social network per eccellenza è diventato una trincea dove da una parte combatteva chi difende a spada tratta il giudizio insindacabile che l’opera di Sorrentino sia un capolavoro assoluto e dall’altra quelli che lo giudicano come Fantozzi ebbe a giudicare La corazzata Potemkin di Eisenstein (contributo audiovisivo: http://goo.gl/QSHkfG). Quanti di questi ultimi siano fruitori esclusivamente di cinema scadente e quanti, invece, in grado di dare un giudizio oggettivo, non ci è dato di saperlo.

Negli anni mi sono profondamente convinto di una cosa fondamentale, applicabile al 95% delle situazioni, ovvero che, come dicevano i latini, in medio stat virtus. La verità (sì, lo so che per i latini era “virtù”) sta nel mezzo. In questo dato caso il discorso deve spingersi oltre al mero giudizio cinematografico.
Partiamo dal presupposto che, nella maggior parte dei casi, se la gente è stupida non è colpa sua. Non tutti scelgono di essere stupidi. Alcuni sì, e quelli vabbè. Altri nascono e crescono in ambienti e situazioni dove è difficile – se non, talvolta, sconsigliato o proibito – uno sviluppo culturale e intellettivo, quindi si ritrovano nell’età della ragione con una dose piuttosto bassa di ragione ma, ripeto, non è colpa loro. Pertanto è sbagliato offenderli e denigrarli, così com’è sbagliato sbeffeggiare Brunetta perché è basso o Vespa perché è brutto. Non sono scelte, è capitato. I due soggetti che ho citato, tra l’altro, offrono talmente tanti spunti che fermarsi sui difetti fisici è veramente dimostrazione di superficilità!
Lo so, viene spontaneo canzonare i meno dotati, succede anche a me di cedere alla tentazione. Talvolta lo si fa anche in modo che loro non lo capiscano, così da sottolineare la superiorità intellettiva e riderne insieme a quelli furbi, guardando le facce inconsapevoli dei bersagli. Ma è sbagliato.
Ergo è sbagliato anche imputare a questa categoria di persone la colpa di non aver capito, apprezzato, elogiato il film di Sorrentino, piuttosto che un qualsiasi altro film d’autore, ma di essere invece dei crociati del cinepanettone.
La colpa, se di colpa si può parlare, è del cinema stesso. O meglio dell’industria che c’è dietro.
Quando nacque il mezzo cinematografico, dopo le prime fasi sperimentali di treni e quant’altro (contributo audiovisivo: http://goo.gl/3Q4UQO), fu da subito considerato un linguaggio di tipo artistico, la settima arte appunto. Nel tempo si è creata una scissione tra cinema inteso come arte e cinema inteso come intrattenimento. Com’è avvenuto, in maniera ancora più evidente, anche nella musica, senza bisogno di esempi.
Per cinema di tipo “artistico” intendo tutti quei film che sono fatti sì per raccontare una storia, ma prima di tutto per dire qualcosa, lanciare un messaggio, usufruendo di tutta quella grammatica che il linguaggio cinematografico offre (sceneggiatura, fotografia, recitazione etc.) in modo studiato e, soprattutto, attinente ad un’estetica ed una poetica proprie di chi il film lo gira. In una frase: fare cinema per fare arte.
L’intrattenimento non ha nulla di tutto questo, o meglio ce l’ha, nel senso che la grammatica di cui sopra è la stessa, ma lo scopo non è fare un’opera che mandi un messaggio o trasmetta dei valori estetico-poetici, ma piuttosto riempire un’ora e mezzo di pellicola per far ridere o esaltare, a seconda del genere; rispettivamente Zalone e i Transformers.
Però anche qui i cari vecchi antenati insegnano che il mondo non è solo bianco o nero e oggi la linea di confine tra queste due realtà si sta assottigliando sempre di più: non è raro trovare un film d’autore esilarante o pieno di scene d’azione e non è raro trovare film meno impegnati dove tuttavia è evidente la volontà di sfruttare questa famosa grammatica cinematografica in modo oculato e autoriale. Anzi, la verità è che questo compromesso è quasi una costante… e non dico che sia una cosa sbagliata, forse addirittura è un valore aggiunto.
Tuttavia esistono casi dove questa demarcazione è molto forte. I lavori di Sorrentino, ad esempio, fanno tutti parte del cinema impegnat(iv)o. Chi si aspetta di trovare Moccia ne Le conseguenze dell’amore o i Vanzina ne Il divo rimarrà profondamente deluso.

Ora, valutando tutto ciò, è giusto o meno accusare di ignoranza e superficialità un pubblico che è stato abituato a film che invece di attivarti i meccanismi neuronali e sentimentali te li frenano? Di chi è la colpa? Di chi i film non li capisce o, piuttosto, di chi finanzia con fiori di quattrini filmucoli insulsi perché riempiono le sale, invece di incentivare la fruizione di cinema autentico?
Lo so che è un discorso molto generale che non tiene conto di molte sfaccettature, ma sta di fatto – almeno credo – che chi il cinema lo manda avanti sarebbe anche in grado di rieducare il pubblico. Magari ci vorranno degli anni ma non è impresa utopica.
Fortunatamente vengono prodotti ancora tantissimi film, la maggior parte, che si possono definire tali, il problema è che sono altre le “opere” che riempiono le sale. E così è.
Poi ci tengo a precisare che non c’è niente di male a guardarsi film totalmente disimpegnati, uno ogni tanto vuole anche riposarsi: l’errore sta nel giudicarle opere più grandi di quello che sono. A me il primo di Zalone m’ha fatto ridere… ma sono novanta minuti di intrattenimento, non di cinema. La questione è così semplice, perbacco!
Quello che invece fa pensare è che l’Oscar al Paolone nazionale ha suscitato una polemica che, quando il film è uscito (ad oggi nove mesi fa, sottolineo: nove!) nessuno aveva scatenato… o quantomeno non in modo così violento. Perché? Perché quando è uscito non l’hanno visto 9 milioni di persone. Sono andati a vederlo solo coloro i quali sapevano che l’avrebbero apprezzato… o, più precisamente, coloro che sapevano con quali occhi guardarlo. Difatti poi i pareri contrastanti ci sono stati anche allora. Il problema è che una risonanza mediatica così forte ha fatto sì che anche i meno competenti – i facenti parte del pubblico diseducato di cui sopra – si siano sentiti in dovere di dire la loro, stroncando un film che per ovvie ragioni non hanno apprezzato/capito. Perché gli è stato insegnato che un film lento è un film noioso, che film come questi sono fatti esclusivamente per intellettuali di sinistra, e quindi sono brutti.
Ma, ripeto, la colpa non è loro. Vedi l’allegoria della caverna di Platone.
L’unica colpa che hanno è quella di aver deciso di esprimersi, ma non quella di non aver capito il film.
Che poi… voglio vedere quanti tra gli “illuminati” l’hanno capito seriamente. Io stesso mi rendo conto di averne capito solo un po’… vabè, io non faccio testo, non è che sia poi ‘sto cervello. Me la voglio un po’ raccontare, ma so che non è così. So di non sapere, diceva uno.

Ma veniamo al film in questione.
Io l’ho visto solo alla sua uscita quindi non ho un ricordo netto, però una cosa la ricordo: non è un capolavoro.
Certo, inserito in un contesto cinematografico globale è un film che senza dubbio si distingue da molti altri, ma se escludiamo tutti i film fatti per le risate e il testosterone, lasciando solo quelle opere che rientrano nei veri canoni cinematografici, la posizione in classifica de La grande bellezza, si abbassa drasticamente. È un buon film, posso arrivare a notevole, ma i capolavori sono altri. E sono pochi.
Tutta questa faccenda cosa dimostra? Dimostra che è bastato dare un po’ più di visibilità a un film d’autore perché anche coloro che erano fuori dal target si siano sentiti in dovere di vederlo (“Ne parlano tutti, sarà fico! Ha vinto anche un Oscar!”), scatenando così una guerra che ha pochissime ragioni di essere.

Invito caldamente alla visione di questo breve spezzone del film Sogni d’oro di Nanni Moretti (non oso immaginare se l’avesse vinto Bianca l’Oscar…), parla da sé:


In alternativa a tutta questa disquisizione, si profilano due ipotesi: o Sorrentino è un grandissimo troll, oppure è un complotto ordito da Leonardo Di Caprio per screditare gli Oscar.



Oppure non è così?

martedì 4 dicembre 2012

Addio alle armi

Inizio per la terza volta Addio alle armi di Ernest Hemingway. Le prime due hanno avuto degli esiti abbastanza negativi; ho interrotto la lettura dopo qualche decina di pagine. Sono molte le testimonianze che vedono Il vecchio e il mare come il libro più noioso mai scritto. Io non l'ho letto, quindi non saprei dire...
Non so se questo terzo tentativo andrà a buon fine (anche se sono un po' più grande rispetto alle volte scorse, chissà che non sia quella buona!), però nella prefazione dello stesso Hemingway ho trovato un passaggio che mi ha dato un grande interesse, sebbene sia difficile, per innumerevoli ragioni, poterlo condividere totalmente. Passaggio che non ricordavo dalle letture precedenti, o che forse non avevo neanche letto, visto il mio vizio - presumibilmente condiviso - di saltare le prefazioni.

"Siccome di guerre ne ho fatte troppe, sono certo di avere dei pregiudizi, e spero di avere molti pregiudizi. Ma è persuasione ponderata dello scrittore di questo libro che le guerre sono combattute dalla più bella gente che c'è, o diciamo pure soltanto dalla gente, per quanto, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne. Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combatteranno.
L'autore di questo libro sarebbe molto lieto di incaricarsi di questa fucilazione, se fosse legalmente delegato da coloro che combatteranno, e di badare a che venga eseguita con tutta l'umanità e la correttezza possibile e badare che a tutti i corpi venga data degna sepoltura. Potremmo perfino riuscire a farli seppellire nel cellophane o in qualcuno dei più moderni materiali plastici. Alla fine della giornata se vi fosse qualche prova che sono stato io a provocare in qualche modo la nuova guerra o non ho eseguito debitamente i doveri a me conferiti, sarei disposto, se non lieto, a farmi fucilare dallo stesso plotone di esecuzione e farmi seppellire con o senza cellophane o esser lasciato nudo su una collina."

[Ernest Hemingway, Addio alle armi - trad. Fernanda Pivano]

venerdì 12 ottobre 2012

Regole (o consigli) generali per fare delle foto che rasentino almeno la decenza.

Esempio di foto brutta
Oggi chiunque ha una macchina fotografica, e questo è legittimo. Il problema è che molte delle persone che posseggono una macchina fotografica (specie se reflex) si credono dei novelli Cartier Bresson.
La mia esperienza tecnica ed estetica nel campo della fotografia non fa di me un fotografo (qualche commento e qualche “Mi piace” sotto foto più o meno riuscite non mi rende un professionista), ma penso di avere abbastanza buon senso – neanche gusto, perché qui si tratta di buon senso – per capire quando una foto è ben fatta o meno.
Per inciso, non sto parlando di quelle che vengono comunemente definite “foto artistiche”, ma la lista che segue, contiene una serie di suggerimenti atti a rendere migliori le foto che uno fa in vacanza, al figlio appena nato, in pizzeria o a gruppi di persone prima, durante o dopo le esperienze più diverse. 
Ovviamente sono regole generali e non tengono conto dei casi particolari. Mi baso solo su ciò che vedo uscire da alcune compatte dopo le classiche gite fuori porta. Sono dei consigli, più che altro, da considerare validi in condizioni di “Che bello questo momento, voglio scattare una foto!”. Quella foto può essere un bel ricordo… oppure può farvi rimpiangere di averla scattata.

Non sta scritto da nessunissima parte che il soggetto delle foto debba stare nel centro della foto. Tutt’altro: per una questione di armonia e bilanciamento, in molti casi è opportuno che il soggetto principale della foto, venga decentrato, cercando di bilanciarlo con ciò che lo circonda.

Se fotografate una, due, quindici o centro persone in gruppo, toglietevi dalla testa la radicata convinzione che le facce debbano stare nel centro della fotografia.
Fra le varie cose che mi causano nausea, c’è il vedere fotografie dove sono tagliate le punte dei piedi, ma ci sono 4 metri di parete retrostante, completamente inutili.
Se fate uno scatto a figura intera e l’unico soggetto della foto è una persona, fate sì che la testa e i piedi di quest’ultima siano equidistanti dal margine superiore e inferiore della foto.
Idem se fate un mezzo busto o quant’altro… la testa non deve stare nel centro!

Le foto storte non sono più belle solo perché sono sorte. Ci vuole criterio anche per fare una foto storta.

Il flash è il miglior amico delle foto brutte. Primo: schiarisce le figure in primo piano e scurisce lo sfondo. Secondo: proietta quelle oscene ombre giganti.
Se è possibile, cercate di aumentare la sensibilità ISO della vostra macchina fotografica, o i tempi di esposizione, così che possiate tenere a riposo il flash anche in situazioni di luce scarsa o artificiale.

Lo zoom appiattisce la prospettiva, per quanto possibile evitatelo come fosse varicella.

Se fotografate più elementi insieme (esempio, figura umana e sfondo naturale o urbano), cercate sempre di dare il giusto spazio e il giusto peso a tutto.

Oggi molti software ci permettono di modificare le foto, specie in tonalità e colorazione. Anche lì è sempre bene essere parsimoniosi con color correction e luminosità/contrasto. Se si osa troppo, avremo come risultato delle discrete pacchianate, e non delle foto carine.

Un ultimo consiglio sulla quantità, più che sulla qualità. Con l’avvento del digitale non c’è più il problema del rullino con gli scatti limitati. Questo è un bene e un male. Tornando da una vacanza ci si ritrova con decine di “doppioni” che poi tocca eliminare a mano… oppure lasciare a occupare l’hard disk inutilmente. Visto che prevenire è meglio che curare, evitate di scattare foto ogni singolo secondo, ma cercate di scegliere bene i momenti che meritano di essere immortalati.  

venerdì 21 settembre 2012

Gli sgami per scrivere una tesi come si deve. Prima parte.

Non ho mai scritto una tesi prima di quella che sto scrivendo ora, ma ho scritto diverse tesine per le materie più disparate e, negli anni, ho appreso alcuni trucchi per fare sì che il cosiddetto cartaceo sia più presentabile.
Vi propongo alcuni di questi trucchi acquisiti nel tempo. Si accettano anche consigli!

Trucco 1: Allunga il brodo più che puoi.
Questo è uno sgamo davvero fondamentale. Si sa, una tesi di spessore fa sempre bella figura; inoltre, più è lunga, più aumentano le possibilità che, nella lettura, i professori non vadano oltre i ringraziamenti.
Visto che la neo-lingua concepita da Orwell in 1984 non è ancora entrata in vigore, hai il lessico a tuo favore! Usa quanti più avverbi e aggettivi inutili, e cerca sempre il sinonimo più lungo per una parola. Questo ti permetterà di scrivere in due pagine quello che ne avrebbe richiesta solo mezza.

Esempio:
Frase da scrivere: Oggi è una bella giornata, andrò a fare una passeggiata.
Alternativa n. 1: Quest’oggi è una giornata meravigliosa, credo che uscirò per andare a fare una lunga passeggiata.
Alternativa n. 2: Quest’oggi è una giornata meravigliosamente bella, il sole splende alto nel cielo terso e gli uccellini cinguettano felicemente. Ci sono delle discrete probabilità che mi venga voglia di uscire di casa per prodigarmi in una lunga passeggiata. Ah, poi devo anche passare da Graziano a riprendere quei dischi di Battiato che gli ho gentilmente dato in prestito… Quello mica te li restituisce se non te li vai a prendere da solo! Vatti a fidare degli amici!

…e questo era uno. Presto ne arriveranno altri.

venerdì 13 luglio 2012

Berlusconi si ricandida come premier per il 2013.



lunedì 9 gennaio 2012

Fake or not?



Mi imbatto in questo video dove un ladruncolo riesce a rubare un televisore ultrapiatto tenendolo sotto braccio, camminando all'indietro, perpendicolarmente alle telecamere di sorveglianza del negozio, in modo che l'oggetto dallo spessore irrisorio resti "invisibile". Che ha rubato una TV si scopre solo alla fine, quando la telecamera posta fuori dall'entrata del negozio riprende il tizio lateralmente e svela l'oggetto del furto.
Sulle prime viene da pensare "Un genio, accidenti!!!", subito dopo viene da pensare “Ehy, la prossima volta che vado all’Unieuro ci provo anche io!”, ma fin dall'inizio c'è qualcosa di strano.
Il negozio è poco frequentato, ma possibile che nessuno, compreso il commesso alla cassa - che dovrebbe avere un occhio sempre vigile - si accorga che un tipo sta facendo il moonwalk con una tv sotto braccio?
Rischiare il licenziamento: lo stai facendo molto bene.
Secondo: di ladri scemi ce ne sono... ma che uno non si metta neanche un cappellino per coprire almeno gli occhi... Non solo, sembra faccia di tutto per farsi vedere in faccia. Che sia convinto di essere in un reality? Che sia davvero così narcisista?
Mh… no, questo video è davvero strano.
Allora te lo riguardi per la seconda volta, cercando l’asterisco, la clausoletta, quella piccola cosina che ti fa capire in modo inequivocabile se il video sia finto o meno.
E alla fine, SBAM!
Scena finale, il tipo esce dal negozio e sulla TV si può vedere perfettamente il logo LG, sui classici adesivi che mettono sugli schermi nei negozi… al logo LG, in realtà, ci si può fare caso anche ad una prima visione; quello che la prima volta non si nota è che sulla vetrina del negozio c’è un bel manifestino pubblicitario che reca la scritta “La televisione più sottile del mondo” e sotto, SBADABAM!, una bella TV della LG, stavolta col logo bello visibile.
Non voglio fare il ganzo, perché basta leggere i commenti al video per capire che il trucchetto l’ha sgamato l’80% di chi ha visto il video. Il motivo per cui scrivo tutto ciò è per sottolineare come a volte basti giocare sulla viralità di alcune tipologie di contenuti per passare un messaggio. Questo spot è ben camuffato, tanto anche, anche una volta scoperto il trucco, resta difficile catalogarlo come “spot”, perché di fatto non ha le tipiche caratteristiche di uno spot… diciamo piuttosto che è una brillantissima prova di comunicazione che, probabilmente, funziona anche meglio di una normale pubblicità.

venerdì 28 ottobre 2011

"Se vola!"

Mi preparo per una delle due uscite settimanali a scopo ginnico-motorio. Mi metto un completo (è un completo, in questi casi?) della Nike, gentilmente offerto dal cugino più grande, color arancione evidenziatore. Sono un cazzotto in un occhio che viaggia su due ruote, praticamente.
Sotto il completo, il pantaloncino imbottito che avrei dovuto avere dalla scorsa estate e che ho scoperto essere indispensabile se il sellino è particolarmente duro (e se si vogliono avere figli, dicono… ma questo solo per chi ci va svariate ore la settimana).
Dopo quasi un’ora di pedalata, per una serie di fattori che ora non sto qui ad enumerare, riesco a cadere di bicicletta! Come da bambino, uguale: ti ritrovi in terra senza neanche accorgertene. Non oso immaginare la derisione degli automobilisti che hanno assistito alla scena. È matematico: se cadi e perdi un arto, ti fai un taglio di 30 cm da qualche parte o sbatti la testa e svieni, allora avrai soccorsi a palate; se cadi – in modo ridicolo, per giunta – e non ti fai nulla, la gente riderà di te per svariati minuti. Minuti in cui la mia unica preoccupazione era andarmene il più velocemente possibile dal luogo del misfatto.
Ad averlo saputo prima mi sarei messo un completo color marciapiede, anziché quell’arancione quasi fluorescente, per dare meno nell'occhio. Cioè, forse, ad averlo saputo prima, non uscivo neanche.
Comunque sia, anche se è proprio la canzone su cui sono caduto, prima del fattaccio ho eletto Sweet disposition dei Temper Trap a “Canzone ufficiale da pedalata 2011”.


P.S. Non voglio mischiare il serio allo scherzo e ci tengo a precisare che tutto questo discorso non ha nulla a che vedere con quel giovane ciclista che qualche giorno fa è morto durante il Giro d’Italia. Nel senso che non intendo ledere la sensibilità nessuno… pura coincidenza.

sabato 30 luglio 2011

Paginette mie evviva evviva!

Ho iniziato ad espandermi sempre di più sul WWW per mostrare al mondo le mie produzioni grafiche, fotografiche, musicali ed audiovisive! Quindi ecco un elenco di posti virtuali dove potete trovarmi, con più pseudonimi... ma sempre me:

FACEBOOK

FLICKR

YOUTUBE

SOUNDCLOUD

VIMEO

MYSPACE

Ora metto a riposare il mio ego. Ciao.

mercoledì 22 giugno 2011

È vero che ho sempre cercato di usare questo blog per parlare un po’ di tutto, e non solo di me… ma è anche vero che il blog è comunque mio, quindi perché non parlare anche di me?! Ma soprattutto, perché ho sempre questa mania di fare discorsi composti da frasi che poi si annullano e che quindi alla fine sarebbe stato lo stesso non farli?
Ecco di seguito la mia ultima creatura nel campo del “videomaking” (pfui!).
Salut.

domenica 22 maggio 2011

Sentimenti e calcoli.

Amo l'amore
+ x + = +

Odio l'odio
- x - = +

Amo l'odio
+ x - = -

Odio l'amore
- x + = -

[foto di Stanley Kubrick]

mercoledì 18 maggio 2011

Il mondo è grande. Enorme.
E noi stiamo facendo tutto quanto in nostro potere per renderlo il più piccolo possibile.
Che sia il nostro scopo la distruzione? Che sia la nostra vera vocazione?
Che Dio ci perdoni.

giovedì 12 maggio 2011

mercoledì 13 aprile 2011

"Questi suonodipendenti. Questi silenziofobi."

Attraverso i muri arriva il boato attutito della conversazione, poi un coro di risate. Poi un altro boato. La maggior parte delle risate preregistrate che si sentono in TV risalgono all'inizio degli anni Cinquanta. Oggi buona parte della gente che sentite ridere è morta.
Dal soffitto cala il tump tump tump di una batteria. Il ritmo cambia. A volte i colpi sono più vicini, accelerano, oppure si dilatano, rallentano. Fermarsi, non si fermano mai.
Dal pavimento sale la voce di qualcuno che abbaia le parole di una canzone. Questa gente che ha bisogno di tenere accesa la televisione o la radio sempre e comunque. Questa gente terrorizzata dal silenzio. Eccoli, sono i miei vicini. Questi suonodipendenti. Questi silenziofobi.
Risate di gente morta che filtrano da tutte le pareti.
Oggigiorno, ecco cosa ti spacciano come casa dolce casa.
Questo assedio di rumore.
[…]
A casa, dal soffitto scendono i colpi di una musica veloce. Voci terrorizzate attraversano le pareti. I casi sono due: o un'antica mummia egizia ha ripreso vita per una qualche maledizione e sta facendo fuori quelli della porta accanto, oppure stanno guardando un film.
Sotto il pavimento gente che grida, un cane che abbaia, porte che sbattono, l'attacco di una canzone: «1,2,3...».
[…]
Ecco cosa ti spacciano per civiltà.
Gente che non butterebbe una sola cartaccia dal finestrino della macchina e poi ti passa accanto con l'autoradio a palla. Gente che al ristorante non si sognerebbe mai di appestarti col fumo del suo sigaro e poi sbraita nel cellulare. Che grida anche quando la distanza che la separa dall'interlocutore è quella di un piatto da portata.
Questa gente che non si sognerebbe mai di usare pesticidi o insetticidi e poi infesta il quartiere con lo stereo sparando dischi di cornamuse scozzesi. Di lirica cinese. Di musica country e western.
Fuori, un uccellino che canta ci sta bene. Patsy Kline no.
Fuori c'è già il frastuono del traffico, che basta e avanza. Aggiungerci il concerto per piano in mi minore di Chopin non migliora la situazione.
Tu accendi la musica per coprire il rumore. Altri alzano la loro musica per coprire la tua. Allora tu alzi la tua ancor di più. Tutti quanti si comprano uno stereo più potente. È la corsa agli armamenti del suono. E non è con le frequenze alte che vinci.
Non conta la qualità. Conta il volume.
Non conta la musica. Conta vincere.
Per sbaragliare i concorrenti ti ci vogliono i bassi. Le finestre devono tremare. Nascondi la linea melodica con l'equalizzatore e ti metti a sbraitare le parole della canzone. Ci infili dentro delle volgarità e sottolinei bene ogni singola parolaccia.
E così vinci. Perché alla fin fine è una faccenda di potere.
[…]
Questi musicodipendenti. Questi quietofobi.
Nessuno è disposto ad ammettere che abbiamo sviluppato una dipendenza dalla musica. Impossibile. Nessuno sviluppa una dipendenza dalla musica e dalla tv e dalla radio. È solo che ne vogliamo sempre un po' di più. Più canali, uno schermo più grande, il volume più alto. Non possiamo farne a meno, ma per carità: dipendente io?
Potremmo smettere in qualunque momento.
[…]
Questi svagodipendenti. Questi concentrazionofobi.
Il vecchio George Orwell aveva capito tutto, ma al rovescio.
Il Grande Fratello non ci osserva. Il Grande Fratello canta e balla. Tira fuori conigli dal cappello. Il Grande Fratello si dà da fare per tenere viva la tua attenzione in ogni singolo istante di veglia. Fa in modo che tu possa sempre distrarti. Che sia completamente assorbito.
Fa in modo che la tua immaginazione avvizzisca. Finché non diventa utile quanto la tua appendice. Fa in modo di colmare la tua attenzione sempre e comunque.
Questo significa lasciarsi imboccare, ed è peggio che lasciarsi spiare. Nessuno deve più preoccuparsi di sapere che cosa gli passa per la testa, visto che a riempirtela in continuazione ci pensa già il mondo. Se tutti quanti ci ritroviamo con l'immaginazione atrofizzata, nessuno costituirà mai una minaccia per il mondo.
[…]
Oggigiorno, nessuno è più padrone della sua mente. Non puoi concentrarti. Non puoi pensare. C'è sempre qualche rumore che si intromette. Cantanti che strillano. Gente morta che ride. Attori che piangono. Emozioni in piccole dosi.
C'è sempre qualcuno che infesta l'aria col suo stato d'animo.
Con l'autoradio che impone il suo dolore, la sua gioia, la sua rabbia a tutto il quartiere.
[…]
Comunque sia, non è una novità.
Gli esperti che studiano l'antica Grecia dicono che all'epoca la gente non si considerava padrona dei propri pensieri. Quando gli antichi greci formulavano un pensiero, era perché una divinità aveva deciso di dargli un ordine. Apollo gli diceva di essere coraggiosi. Atena di innamorarsi.
Oggi la gente vede la pubblicità delle patatine al formaggio e si fionda fuori a comprarle, però lo chiama libero arbitrio.
Almeno gli antichi greci erano più onesti.

[estratto da Ninna Nanna, Chuck Palahniuk 2002]

Citazioni #3: Bruno Munari

Bruno Munari (1907 - 1998) è stato uno dei maggiori esponenti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo. Particolarmente legato alla figura della creatività e del gioco.







 Un uomo che vive di ricordi, diventa vecchio. Uno che vive di progetti resta giovane.

C'è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri.

Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L'interruttore non so dov'è.

Se volete poi sapere qualcosa di più sulla bellezza, che cos'è esattamente, consultate una storia dell'arte e vedrete che ogni epoca ha le sue veneri e che queste veneri (o apolli) messi assieme e confrontati, fuori dalle loro epoche, sono una famiglia di mostri. Non è bello quello che è bello, disse il rospo alla rospa, ma è bello quello che piace.

ALBERO
l'esplosione lentissima
di un seme.

domenica 3 aprile 2011

Brevissimo resoconto berlinese

L’ennesimo post riempitivo; stavolta il soggetto è la mia permanenza marzolina in quel di Berlino.
Volare non mi piace. Non è tanto la paura di cadere, ma proprio il senso di sospensione. Più mi persuado di essere un sognatore, più mi rendo conto di quanto i miei piedi siano troppo soggetti alla forza di gravità. Comunque sia, due ore di volo non sono poi così dilanianti.
Berlino è silenziosa, come cantavano gli Amari, svariati anni fa. Effettivamente la definizione non si distacca poi molto dalla realtà dei fatti. La tipica e caratterizzante architettura moderna berlinese – squadrata e imponente – ricorda molto la grafica del Bauhaus (nato a Berlino, non a caso); l’importanza dei pieni e dei vuoti è fondamentale. È proprio questo alternarsi di spazi materialmente ingombranti e grandi aree semi-vuote a dare quest’idea di silenzio. Ci sono momenti in cui, a livello sensoriale, sembra di stare in un’enorme stanza insonorizzata.
L’olfatto invece è rapito da tutt’altro. Ogni stazione ha il suo odore, che solitamente non è un solo odore, ma il più delle volte un mix di prodotti culinari di culture e paesi differenti. Fuori dalle stazioni, nelle piazze, per le strade, l’odore che si respira è come qualcosa di nuovo e non ben definito.
A livello meramente turistico è una gran bella città. Alternata fra antico e moderno, vecchio e nuovo, sfarzoso e povero. Cose interessanti da vedere ce ne sono parecchie, su tutte: la East Side Gallery, ovvero la celebre parte di muro rimasta in piedi e “affrescata” da artisti di tutto il mondo; la famosa Porta di Brandeburgo; le piazze come Alexanderplatx o Potsdamer Platz; il quartiere di Kreuzberg etc. Vasta è anche la disponibilità di musei che però richiedono una fetta di tempo in più, fetta di tempo che io non ho avuto e che spero di prendermi fra qualche tempo per approfondire anche la parte artistica della capitale tedesca. C’avevo provato col Bauhaus, ma ho trovato chiuso… sigh!
Come ricordo mi son portato a casa una Lomo Fisheye, che non si può certo definire un souvenir berlinese, ma è comunque un oggettino valido!
E come diceva qualcuno, non posso che aggiungere: Alexanderplatz Auf Wiedersehen!

lunedì 7 marzo 2011

Meganoidi

Perché fare un post sui Meganoidi? Perché mi piacciono e trovo che siano una delle proposte più interessanti in Italia, almeno per quelli a cui piace il genere.
Dei Meganoidi non si può dire certo che siano un gruppo che fa “sempre la stessa roba”, ma sono un lampante esempio di come una band possa evolversi, mutare.

BIOGRAFIA:

La storia del gruppo inizia a Genova, nel 1997; al completo della formazione sono sette elementi, contando fiati e percussioni. Appoggiati da alcuni centri sociali genovesi si fanno conoscere con una frequente attività live. All’inizio del 2000 nasce il progetto Green Fog: studio di registrazione e casa discografica interamente gestita dalla band, da dove verranno sfornati quasi tutti i loro album.
Ascoltando la loro discografia in ordine cronologico è palese come ci sia stato un cambiamento radicale nel tipo di genere e quindi, in tutto ciò che ne consegue (suoni, testi, approccio). Dagli esordi ska-punk ad un progressive rock cupo e profondo, la musica dei Meganoidi si evoluta lentamente, seguendo un filo conduttore ben preciso.
Dopo varie modifiche alla formazione, attualmente la band conta sei elementi (più un chitarrista che però non segue il gruppo sul palco).

DISCOGRAFIA:

Supereroi vs. Municipale - EP (1998)

La prima demo del gruppo; 5 brani che gettano le basi per quello che è il loro genere ed i temi che sono interessati a trattare. Fortissima la componente ska e altrettante rilevante il contenuto profondamente anti-sociale delle parole (difatti l’EP contiene un brano dal titolo Antisocial Ska). Il disco contiene inoltre Supereroi e Meganoidi, brani che verranno inseriti anche nel primo album e che renderanno la band famosa in tutta Italia.

1. Supereroi
2. Il nostro banchetto
3. Meganoidi
4. Antisocial ska
5. Zero

Into the Darkness, Into the Moda (2000)

Il primo album del gruppo genovese, sonorità un po’ più punk-rock, ma con una predominante sempre ska. Concettualmente quest’album non si distacca più di tanto dall’EP che lo precede, ma trova qualche spazio anche per altri temi. Dall’album sono stati tratti anche dei videoclip che hanno dato alla band una discreta popolarità.

1. Intro
2. Into the Darkness
3. New Enemy
4. Do You Believe
5. King of Ska?
6. Wasteland
7. Meganoidi
8. Nazigoliarda
9. Love Song
10. Springtime
11. One Man Band
12. The Main Line
13. Supereroi

Outside the Loop, Stupendo Sensation (2003)

Quest’album esce dopo il G8, tenutosi a Genova nel 2001. I fatti accaduti durante l’evento hanno sicuramente influenzato il gruppo. Difatti le sonorità di quest’album, pur mantenendo una forte componenente ska, risultano meno allegre e meno “leggere”, si fa spazio un suono più riflessivo, anche arrabbiato, a volte; le chitarre si fanno più distorte, la voce si fa più cattiva e con essa i testi, che diventano un po’ più profondi e, alle volte, introspettivi. Massima espressione di questa “cattiveria” è sicuramente M.R.S., il brano più spinto dell’album. Mentre la canzone più famosa, anche per chi il gruppo non l’ha mai seguto, è sicuramente Zeta Reticoli, il cui videoclip e stato passato fino allo sfinimento sui canali musicali più grossi. È il primo disco che la band produce e distribuisce dalla Green Fog Records.

1. The Beginning
2. Inside the Loop
3. For Those Who Lie Awake (Let's Go)
4. The Penguin Against Putrid Powell
5. Mr. Sullivan
6. It's Just Like
7. Seven Years Ago
8. La fine
9. 1999
10. Another Day
11. M.R.S
12. Zeta Reticoli

And Then We Met Impero - EP (2005)

Questo EP, contenente 5 brani (intitolati con le singole parole che formano il titolo del disco), è quello che segna la svolta musicale dei Meganoidi. Basta con lo ska, basta con i toni allegri; qui si va su un progressive cupo e riflessivo. All’interno della band rimangono i fiati, ma non suonano più in levare con note alte e brevi; la tromba fa suoni lunghi e gravi, quasi delle urla di dolore. Questo disco è il perfetto anello di congiunzione tra i due album nei quali è inserito.

1. And
2. The
3. We
4. Met
5. Impero

Granvanoeli (2006)

Se non ci fosse stato scritto sulla copertina, difficilmente si sarebbe potuto pensare che questo disco fosse dei Meganoidi. Anticipato dall’EP And Then We Met Impero, questo disco non ha più nulla dei Supereroi del ’98. Il suono è duro, cupo, profondo, sofferente. Il genere è il progressive rock, ma ci si possono sentire delle punte di post-rock. I testi non sono diversi dalla musica, in questo disco si parla di fiumi neri, di inverno, di pozzi di petrolio. Questo cambio netto di genere è dovuto, oltre che ad una presunta evoluzione dei membri della band, da un’influenza delle varie band che frequentano i Green Fog Studios.

1. At Dusk
2. The Millstone
3. Dai pozzi
4. Anche senza bere
5. 02:16
6. Quest'inverno
7. Ten Black Rivers
8. Nine Times Out of Ten
9. Un approdo
10. Granvanoeli

Al Posto del Fuoco (2009)

Con questo disco i Meganoidi sembrano aver ritrovato un po’ di serenità. C’è sempre della cupezza nei suoni, sono profonde le atmosfere, ma sembra che il dolore dell’album precedente sia un po’ svanito; una traccia come Mia ne è l’esempio lampante. A livello di testi la band ha forse raggiunto una sorta di completezza espressiva, grazie ad una forte carica ermetica, capace però di evocare immagini ben precise nella mente dell’ascoltatore. Che sia questo disco l’apice dell’evoluzione del gruppo genovese? 

1. Altrove
2. Aneta
3. Dighe
4. Dune
5. Scusami Las Vegas
6. Ima-Go-Go
7. Mia
8. Solo Alla Fine
9. Your Desire
10. Stormo
11. Al Posto Del Fuoco


Sito ufficiale: http://www.meganoidi.com/

lunedì 27 dicembre 2010

Storie brevi #2: Assolo

Lo ritengo impossibile, ma se qualcuno volesse riportare una parte o la totalità di questo racconto, può farlo liberamente. Gradirei però essere avvertito e citato come autore.
Così come qualora qualcuno, leggendo quanto segue, si senta frodato di un'opera da esso prodotta (opera della quale io non sono a conoscenza, giuro!), è autorizzato a farmelo presente.


Assolo

   Ci fu uno sguardo d’intesa tra me e il contrabbassista che stava suonando sul palco. Entrambi, non so come, sapevamo che di lì a poco sarebbe morto qualcuno – o meglio, non so come facesse a saperlo lui. Io lo sapevo per certo, ma lui… Fatto sta che ce lo dicemmo, guardandoci.
   Stavo seduto al bancone, chiedendomi a chi sarebbe toccato? A quel giovane ragazzo, assorto nella musica, seduto ad un tavolino al centro della sala? Probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorto, non avrebbe udito il colpo né si sarebbe reso conto che un proiettile gli stava perforando un punto vitale del corpo. Sarebbe toccato alla bionda che fumava vicino alla finestra? Era così maledettamente bella che veniva voglia di scegliere lei solo per finire di fumare quella sua sigaretta. Sarebbe toccato al barista del locale? Oppure al trombettista, magari proprio durante il suo assolo?
   Era un locale piuttosto carino, infondo. Servivano del buon vino, e dello scotch ottimo; quasi tutte le sere c’era musica dal vivo, prevalentemente jazz. C’era anche una libreria con una collezione di libri piuttosto fornita, a disposizione della clientela. Era tra il vecchio cinema abbandonato e la chiesa di S. Qualcuno; una zona poco frequentata, benché vicina al centro della città. Il posto perfetto, l’atmosfera perfetta. Mentre scrutavo la sala, il mio sguardo tornò a posarsi sui musicisti: il contrabbassista ora aveva gli occhi chiusi, era evidente che ciò che stava osservando era la musica. Sembrava intento ad afferrare le note che avrebbe dovuto suonare. Dopo poco riaprì gli occhi e ricambiò lo sguardo nei miei confronti; ma qualcosa nelle sue pupille era cambiato. Suonò un paio di note così soavemente seducenti che tutta la sala cadde come in un beato coma. A quel punto, mentre il trombettista, smarrito completamente nel suo ottone, iniziò il suo assolo, entrambi estraemmo l’arma e ce la puntammo addosso. Avevamo scelto.
   Sembrava che, a parte la musica, tutto si fosse immobilizzato, come estasiato. Nessuno si accorse di nulla, neanche che non c’era più il pulsare del contrabbasso a fare da sottofondo a quel suono così passionale. Sembravamo gli unici ad essere freddamente lucidi in tutto il locale. Forse solo la bionda, dal fondo della sala, nella luce soffusa del posto, dovrà aver notato il luccicante riflesso delle nostre pistole, ma non deve aver dato peso alla cosa.
   Entrambi sapevamo che l’assolo stava per finire – conoscevo anche io quella canzone – e che avremmo dovuto prendere una decisione. Se avesse sparato prima lui, il barista avrebbe avuto un morto sul bancone, ma la musica non si sarebbe fermata; se avessi sparato prima io, avrei ucciso un musicista durante un concerto, interrompendo un’atmosfera pressoché perfetta… ammesso che qualcuno se ne sarebbe accorto prima della fine della canzone. Inoltre, uccidere un musicista durante un concerto mi sembrò alquanto vile. Con la stessa velocità con cui avevo estratto la pistola, la rimisi nella tasca interna dell’impermeabile e sorseggiai dal mio calice. Se avesse sparato, me ne sarei andato col sapore di vino in bocca, almeno.
   Erano le ultime note dell’assolo, aveva due possibilità: sparare o rinfoderare. Non avrebbe avuto il tempo di farle tutte e due le cose prima di rimettersi a suonare. Decise che non voleva dare del lavoro in più al barista, e scelse di rimettere dentro l’arma.
   Con la fine dell’assolo anche i clienti del locale si ripresero dal loro sonno estatico: sembrava di essere in una grande camerata dove fosse appena suonata la sveglia e tutti si fossero alzati, smarriti per essersi svegliati coi vestiti addosso e senza ricordare come e quando fossero capitati lì. Io e lui non ci guardammo più, ma prima di uscire dal locale lasciai una bevuta pagata per il contrabbassista. «Siete amici?», mi chiese il barista, «No, è solo che è un bravissimo musicista.»

domenica 21 novembre 2010

La pirateria uccide la musica, ma anche no.

Chattando con un amirko, stasera, è venuto fuori un discorso che mi ha dato lo spunto per la seguente riflessione.
Si dice spesso che la pirateria musicale è dannosa per gli artisti, per il mercato della musica e per l’arte in generale. Quella dell’arte è chiaramente una trovata che ha il mero fine di dissuadere chi scarica musica (o film, ma per il cinema il discorso che segue sostanzialmente non è valido).
Per quanto riguarda il fatto che la pirateria musicale dovrebbe andare a discapito degli artisti, io ho fatto una semplice e banale considerazione. Banale nel senso che non ho certo l’esclusiva su questa analisi.
Premettendo che non so quanto sia il guadagno effettivo di un artista, o gruppo che sia, sulla vendita dei cd; per quanto ne so, la maggiore fonte di guadagno per un musicista è l’esibizione live, ed è qui che parte il mio ragionamento.
Poniamo il caso: sono un metallaro dall’animo gentile; girovagando su internet vengo a conoscenza dei Devastatori dell’Arcobaleno, gruppo metal-pop, più o meno conosciuto, formatosi a Sondrio; ascolto qualcosa e mi piace; mi scarico i loro album; li passo ad un paio di amici metallari come me ma, come me, dal cuore tenero, ai quali suppongo possano piacere; i Devastatori piacciono anche a questi ultimi che, a loro volta, li fanno conoscere ad altri due amici. In pratica, partendo da me, ci sono 5 persone che usufruiscono dell’opera del gruppo, senza però avergli dato un centesimo a questi poveri lavoratori che con le loro chitarre distorte ed i loro capelli lunghi decantano le opere di Guerrieri Oscuri che cavalcano pony rosa. Capita che i Devastatori fanno un concerto dalle mie parti chiedendo 5 € per il biglietto. Io, tutto gasato, dopo aver tirato fuori il giacchetto di pelle borchiato, con la toppa di Hello Kitty, chiamo i miei quattro metallari amici, facciamo una macchinata e andiamo a vedere i nostri paladini, regalando loro 25 € puliti puliti, più eventuale merchandise.
Poniamo un altro esempio: per caso, girando per un negozio di musica, noto Morte, distruzione e manciate di margheritine, ultima opera discografica dei Devastatori dell’Arcobaleno, gruppo che non ho mai sentito in vita mia; non esiste il p2p e viviamo in un mondo in cui i dischi non si possono masterizzare; la suddetta opera costa 20 €; col cavolo che spendo un ventone per un cd di un gruppo che non conosco!; se devo spendere soldi in album me ne compro uno ogni tanto, col rischio che poi, di fatto, non sia neanche un bell’album. I Devastatori passano dalle mie parti, ma io, non conosco niente di loro, magari mi fanno schifo, e quindi i 5 € del biglietto me li tengo per bermi una birra media al pub, coi miei compagni di metallo.
È facile notare come la differenza tra i due casi sia sostanziale e forse, effettivamente, piuttosto drastica, ma questo è tutto un discorso generale per rendere un po’ l’idea e affermare che, pur non comprando i dischi, ma scaricando musica dalla rete, si innescano dei meccanismi che comunque sia un guadagno agli artisti lo portano. Ovviamente c’è caso e caso, non è una regola applicabile sempre e comunque. Inoltre c’è da considera che, prendendo per esatto questo ragionamento, solitamente, la reperibilità dell’opera di un artista sulla rete è direttamente proporzionale alla sua fama e quindi, al suo guadagno effettivo. Mi spiego?

P.S. No, non sono un metallaro.

martedì 16 novembre 2010

"E tutti sorrisero. Poichè una piccola debolezza di quel paese era l'ossequio ai potenti, fossero essi collaudati benefattori statali o grandi famiglie mafiose. E dopo ogni cratere di bomba e spasmo di indignazione si scatenava l'asta per i diritti cinematografici, dopo ogni grido d'orrore la corsa per intervistare lo scannatore, e dopo l'abbraccio ai parenti il pensiero più o meno espresso che la vittima se l'era un po' cercata. E si correva a lavorare per il noto chiaccherato, per il riciclatore, per l'implicato, per l'amico di, per il mafioso sì, ma tanto popolare."
[da "La compagnia dei Celestini", Stefano Benni]

giovedì 11 novembre 2010

Infografiche come se piovesse!

Cosa sono le infografiche? Informazioni tradotte in grafiche. Niente di più semplice.
Capita tante volte di capire meglio una serie più o meno lunga di dati e informazioni se questi vengono schematizzati con l’aiuto di elementi grafici. Si va dal più banale grafico a torta a vere e proprie grafiche complesse. Alle volte così tanto complesse ed intricate da rendere più difficile la lettura!
Oggi poi, con il dominio che internet ha sull’umana gente, è ovvio che vengono fuori infografiche assolutamente inutili, o comunque atte a trasmettere informazioni desuete; ad esempio una graficizzazione dei livelli della trama di Inception, di Christopher Nolan.
Qui di seguito, alcuni esempi tra i mille mila che si trovano cercando “infographic” su Google!
 (clic per ingrandire)






Cinepanettowned

Quando la coppia Boldi / De Sica si sciolse pensai che finalmente non avremmo mai più visto trailer con le stesse battute, le stesse scene, le stesse mosse, le stesse facce e le stesse canzoni del momento che vedevamo da 15 anni. Mi fermo ai trailer perché grazie al cielo mai sono andato a sedermi in una sala dove proiettassero un loro film. Solo una volta, per democratica votazione, dovetti assistere ad una visione, a casa di amici. Credo fosse Natale sul Nilo.
Vabè, dicevo, le speranze che questo supplizio fosse giunto al termine erano tante… ma tante! E invece no! NO!!! I due non si sono rinchiusi in una stanza, guardandosi allo specchio, frustandosi da soli rimpiangendo il modo in cui hanno sprecato le loro carriere… no!
Dal Natale 2006, non abbiamo più un film di Boldi e De Sica, ma un film di Boldi ed uno di De Sica!
Cadendo sul banale si può dire che tutto questo rispecchia la nostra società. L’italiano medio non ha lo sbattimento di guardarsi non dico i film intellettuali, ma almeno i film intelligenti… no! L’italiano medio vuole la commediola leggera: un paio di battute a sfondo sessuale, quelle due o tre gag che erano vecchie persino per i Lumière, qualche donnina nuda posizionata a tot minuti una dall’altra e via che la serata cinema è ben giocata. Quindi il nostro governo quando deve finanziare la cultura, quando dovrà scucire i soldi per il cinema, a chi darà la grana? All’ultimo film sulla condizione dell’uomo nell’alienante società moderna, oppure al cosiddetto “cinepanettone” che farà fare un sacco di soldi al botteghino? Va da sé… È un circolo vizioso praticamente…
Stando a questo discorso si può dedurre che alla fine la colpa non è solo ed esclusivamente di registi ed attori che stanno dietro a queste bestemmie cinematografiche, ma la colpa è di chi va a vederle! Ci sono due modi di fare arte (nel più ampio senso del termine): uno è quello di esprimere, comunicare, sbattere una realtà in faccia al pubblico e aiutarlo a fargli comprendere una cosa; l’altro metodo è quello adottato dai signori di cui sopra, ovvero dare al pubblico quello che vuole! Se nel 2015 le statistiche dimostreranno che il pubblico vuole vedere i film dove si mangia il catrame in salsa di soia, Massimo Boldi e Belen Rodriguez (ormai gemella siamese di De Sica) passeranno un simpatico Natale alla ricerca di catrame e salsa di soia!
Mi dilungo su questo argomento e dico anche inutilità per il semplice fatto che la cosa mi irrita quasi di più delle uscite dell’attuale premier.
Sarei curioso, in un futuro, di vedere titoli come Natale in Nigeria, Natale nei meandri della dittatura cinese… 

domenica 7 novembre 2010

I plurali del pomodoro

No, non è il titolo di un film surrealista degli anni '80 di produzione tedesca.
Semplicemente il pomodoro, ha ben tre plurali: pomodori, pomidori, pomidoro.
Era indispensabile? Absolutely not.