lunedì 27 dicembre 2010

Storie brevi #2: Assolo

Lo ritengo impossibile, ma se qualcuno volesse riportare una parte o la totalità di questo racconto, può farlo liberamente. Gradirei però essere avvertito e citato come autore.
Così come qualora qualcuno, leggendo quanto segue, si senta frodato di un'opera da esso prodotta (opera della quale io non sono a conoscenza, giuro!), è autorizzato a farmelo presente.


Assolo

   Ci fu uno sguardo d’intesa tra me e il contrabbassista che stava suonando sul palco. Entrambi, non so come, sapevamo che di lì a poco sarebbe morto qualcuno – o meglio, non so come facesse a saperlo lui. Io lo sapevo per certo, ma lui… Fatto sta che ce lo dicemmo, guardandoci.
   Stavo seduto al bancone, chiedendomi a chi sarebbe toccato? A quel giovane ragazzo, assorto nella musica, seduto ad un tavolino al centro della sala? Probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorto, non avrebbe udito il colpo né si sarebbe reso conto che un proiettile gli stava perforando un punto vitale del corpo. Sarebbe toccato alla bionda che fumava vicino alla finestra? Era così maledettamente bella che veniva voglia di scegliere lei solo per finire di fumare quella sua sigaretta. Sarebbe toccato al barista del locale? Oppure al trombettista, magari proprio durante il suo assolo?
   Era un locale piuttosto carino, infondo. Servivano del buon vino, e dello scotch ottimo; quasi tutte le sere c’era musica dal vivo, prevalentemente jazz. C’era anche una libreria con una collezione di libri piuttosto fornita, a disposizione della clientela. Era tra il vecchio cinema abbandonato e la chiesa di S. Qualcuno; una zona poco frequentata, benché vicina al centro della città. Il posto perfetto, l’atmosfera perfetta. Mentre scrutavo la sala, il mio sguardo tornò a posarsi sui musicisti: il contrabbassista ora aveva gli occhi chiusi, era evidente che ciò che stava osservando era la musica. Sembrava intento ad afferrare le note che avrebbe dovuto suonare. Dopo poco riaprì gli occhi e ricambiò lo sguardo nei miei confronti; ma qualcosa nelle sue pupille era cambiato. Suonò un paio di note così soavemente seducenti che tutta la sala cadde come in un beato coma. A quel punto, mentre il trombettista, smarrito completamente nel suo ottone, iniziò il suo assolo, entrambi estraemmo l’arma e ce la puntammo addosso. Avevamo scelto.
   Sembrava che, a parte la musica, tutto si fosse immobilizzato, come estasiato. Nessuno si accorse di nulla, neanche che non c’era più il pulsare del contrabbasso a fare da sottofondo a quel suono così passionale. Sembravamo gli unici ad essere freddamente lucidi in tutto il locale. Forse solo la bionda, dal fondo della sala, nella luce soffusa del posto, dovrà aver notato il luccicante riflesso delle nostre pistole, ma non deve aver dato peso alla cosa.
   Entrambi sapevamo che l’assolo stava per finire – conoscevo anche io quella canzone – e che avremmo dovuto prendere una decisione. Se avesse sparato prima lui, il barista avrebbe avuto un morto sul bancone, ma la musica non si sarebbe fermata; se avessi sparato prima io, avrei ucciso un musicista durante un concerto, interrompendo un’atmosfera pressoché perfetta… ammesso che qualcuno se ne sarebbe accorto prima della fine della canzone. Inoltre, uccidere un musicista durante un concerto mi sembrò alquanto vile. Con la stessa velocità con cui avevo estratto la pistola, la rimisi nella tasca interna dell’impermeabile e sorseggiai dal mio calice. Se avesse sparato, me ne sarei andato col sapore di vino in bocca, almeno.
   Erano le ultime note dell’assolo, aveva due possibilità: sparare o rinfoderare. Non avrebbe avuto il tempo di farle tutte e due le cose prima di rimettersi a suonare. Decise che non voleva dare del lavoro in più al barista, e scelse di rimettere dentro l’arma.
   Con la fine dell’assolo anche i clienti del locale si ripresero dal loro sonno estatico: sembrava di essere in una grande camerata dove fosse appena suonata la sveglia e tutti si fossero alzati, smarriti per essersi svegliati coi vestiti addosso e senza ricordare come e quando fossero capitati lì. Io e lui non ci guardammo più, ma prima di uscire dal locale lasciai una bevuta pagata per il contrabbassista. «Siete amici?», mi chiese il barista, «No, è solo che è un bravissimo musicista.»

domenica 21 novembre 2010

La pirateria uccide la musica, ma anche no.

Chattando con un amirko, stasera, è venuto fuori un discorso che mi ha dato lo spunto per la seguente riflessione.
Si dice spesso che la pirateria musicale è dannosa per gli artisti, per il mercato della musica e per l’arte in generale. Quella dell’arte è chiaramente una trovata che ha il mero fine di dissuadere chi scarica musica (o film, ma per il cinema il discorso che segue sostanzialmente non è valido).
Per quanto riguarda il fatto che la pirateria musicale dovrebbe andare a discapito degli artisti, io ho fatto una semplice e banale considerazione. Banale nel senso che non ho certo l’esclusiva su questa analisi.
Premettendo che non so quanto sia il guadagno effettivo di un artista, o gruppo che sia, sulla vendita dei cd; per quanto ne so, la maggiore fonte di guadagno per un musicista è l’esibizione live, ed è qui che parte il mio ragionamento.
Poniamo il caso: sono un metallaro dall’animo gentile; girovagando su internet vengo a conoscenza dei Devastatori dell’Arcobaleno, gruppo metal-pop, più o meno conosciuto, formatosi a Sondrio; ascolto qualcosa e mi piace; mi scarico i loro album; li passo ad un paio di amici metallari come me ma, come me, dal cuore tenero, ai quali suppongo possano piacere; i Devastatori piacciono anche a questi ultimi che, a loro volta, li fanno conoscere ad altri due amici. In pratica, partendo da me, ci sono 5 persone che usufruiscono dell’opera del gruppo, senza però avergli dato un centesimo a questi poveri lavoratori che con le loro chitarre distorte ed i loro capelli lunghi decantano le opere di Guerrieri Oscuri che cavalcano pony rosa. Capita che i Devastatori fanno un concerto dalle mie parti chiedendo 5 € per il biglietto. Io, tutto gasato, dopo aver tirato fuori il giacchetto di pelle borchiato, con la toppa di Hello Kitty, chiamo i miei quattro metallari amici, facciamo una macchinata e andiamo a vedere i nostri paladini, regalando loro 25 € puliti puliti, più eventuale merchandise.
Poniamo un altro esempio: per caso, girando per un negozio di musica, noto Morte, distruzione e manciate di margheritine, ultima opera discografica dei Devastatori dell’Arcobaleno, gruppo che non ho mai sentito in vita mia; non esiste il p2p e viviamo in un mondo in cui i dischi non si possono masterizzare; la suddetta opera costa 20 €; col cavolo che spendo un ventone per un cd di un gruppo che non conosco!; se devo spendere soldi in album me ne compro uno ogni tanto, col rischio che poi, di fatto, non sia neanche un bell’album. I Devastatori passano dalle mie parti, ma io, non conosco niente di loro, magari mi fanno schifo, e quindi i 5 € del biglietto me li tengo per bermi una birra media al pub, coi miei compagni di metallo.
È facile notare come la differenza tra i due casi sia sostanziale e forse, effettivamente, piuttosto drastica, ma questo è tutto un discorso generale per rendere un po’ l’idea e affermare che, pur non comprando i dischi, ma scaricando musica dalla rete, si innescano dei meccanismi che comunque sia un guadagno agli artisti lo portano. Ovviamente c’è caso e caso, non è una regola applicabile sempre e comunque. Inoltre c’è da considera che, prendendo per esatto questo ragionamento, solitamente, la reperibilità dell’opera di un artista sulla rete è direttamente proporzionale alla sua fama e quindi, al suo guadagno effettivo. Mi spiego?

P.S. No, non sono un metallaro.

martedì 16 novembre 2010

"E tutti sorrisero. Poichè una piccola debolezza di quel paese era l'ossequio ai potenti, fossero essi collaudati benefattori statali o grandi famiglie mafiose. E dopo ogni cratere di bomba e spasmo di indignazione si scatenava l'asta per i diritti cinematografici, dopo ogni grido d'orrore la corsa per intervistare lo scannatore, e dopo l'abbraccio ai parenti il pensiero più o meno espresso che la vittima se l'era un po' cercata. E si correva a lavorare per il noto chiaccherato, per il riciclatore, per l'implicato, per l'amico di, per il mafioso sì, ma tanto popolare."
[da "La compagnia dei Celestini", Stefano Benni]

giovedì 11 novembre 2010

Infografiche come se piovesse!

Cosa sono le infografiche? Informazioni tradotte in grafiche. Niente di più semplice.
Capita tante volte di capire meglio una serie più o meno lunga di dati e informazioni se questi vengono schematizzati con l’aiuto di elementi grafici. Si va dal più banale grafico a torta a vere e proprie grafiche complesse. Alle volte così tanto complesse ed intricate da rendere più difficile la lettura!
Oggi poi, con il dominio che internet ha sull’umana gente, è ovvio che vengono fuori infografiche assolutamente inutili, o comunque atte a trasmettere informazioni desuete; ad esempio una graficizzazione dei livelli della trama di Inception, di Christopher Nolan.
Qui di seguito, alcuni esempi tra i mille mila che si trovano cercando “infographic” su Google!
 (clic per ingrandire)






Cinepanettowned

Quando la coppia Boldi / De Sica si sciolse pensai che finalmente non avremmo mai più visto trailer con le stesse battute, le stesse scene, le stesse mosse, le stesse facce e le stesse canzoni del momento che vedevamo da 15 anni. Mi fermo ai trailer perché grazie al cielo mai sono andato a sedermi in una sala dove proiettassero un loro film. Solo una volta, per democratica votazione, dovetti assistere ad una visione, a casa di amici. Credo fosse Natale sul Nilo.
Vabè, dicevo, le speranze che questo supplizio fosse giunto al termine erano tante… ma tante! E invece no! NO!!! I due non si sono rinchiusi in una stanza, guardandosi allo specchio, frustandosi da soli rimpiangendo il modo in cui hanno sprecato le loro carriere… no!
Dal Natale 2006, non abbiamo più un film di Boldi e De Sica, ma un film di Boldi ed uno di De Sica!
Cadendo sul banale si può dire che tutto questo rispecchia la nostra società. L’italiano medio non ha lo sbattimento di guardarsi non dico i film intellettuali, ma almeno i film intelligenti… no! L’italiano medio vuole la commediola leggera: un paio di battute a sfondo sessuale, quelle due o tre gag che erano vecchie persino per i Lumière, qualche donnina nuda posizionata a tot minuti una dall’altra e via che la serata cinema è ben giocata. Quindi il nostro governo quando deve finanziare la cultura, quando dovrà scucire i soldi per il cinema, a chi darà la grana? All’ultimo film sulla condizione dell’uomo nell’alienante società moderna, oppure al cosiddetto “cinepanettone” che farà fare un sacco di soldi al botteghino? Va da sé… È un circolo vizioso praticamente…
Stando a questo discorso si può dedurre che alla fine la colpa non è solo ed esclusivamente di registi ed attori che stanno dietro a queste bestemmie cinematografiche, ma la colpa è di chi va a vederle! Ci sono due modi di fare arte (nel più ampio senso del termine): uno è quello di esprimere, comunicare, sbattere una realtà in faccia al pubblico e aiutarlo a fargli comprendere una cosa; l’altro metodo è quello adottato dai signori di cui sopra, ovvero dare al pubblico quello che vuole! Se nel 2015 le statistiche dimostreranno che il pubblico vuole vedere i film dove si mangia il catrame in salsa di soia, Massimo Boldi e Belen Rodriguez (ormai gemella siamese di De Sica) passeranno un simpatico Natale alla ricerca di catrame e salsa di soia!
Mi dilungo su questo argomento e dico anche inutilità per il semplice fatto che la cosa mi irrita quasi di più delle uscite dell’attuale premier.
Sarei curioso, in un futuro, di vedere titoli come Natale in Nigeria, Natale nei meandri della dittatura cinese… 

domenica 7 novembre 2010

I plurali del pomodoro

No, non è il titolo di un film surrealista degli anni '80 di produzione tedesca.
Semplicemente il pomodoro, ha ben tre plurali: pomodori, pomidori, pomidoro.
Era indispensabile? Absolutely not.

martedì 2 novembre 2010

[pensieri sparsi] Aroma di altruismo

Avete presente i deodoranti da cesso? Coprire l’odore che non piace a nessuno con aromatiche fragranze di limone, di violetta, di fresca campagna toscana.
Beh, banalmente, vale anche nella vita. Fare delle buone azioni non tanto per altruismo, ma per fare bella figura davanti agli altri. Oppure – nel caso di gente che supera un tot di zeri sulla busta paga ed il cui nome è conosciuto da svariate migliaia di persone – che comunicano fieri di grandi cifre donate in beneficienza.
Veramente ogni volta che facciamo un favore a qualcuno lo facciamo in modo disinteressato? Qual è il vero limite dell’altruismo?
Basti pensare a coloro che occupano un posto in parlamento: (senza scordarci che, da ciò che mi risulta, c’è un legge che esime i politici dal mantenere per forza le promesse fatte in campagna elettorale) i loro gesti, per lo più, non sono fatti per il bene del Paese, ma per ricevere consensi, ergo voti, ergo potere.
Quand’è che un favore, una buona azione, viene fatto per una moralità di base e quando viene fatto per coprire una sporca coscienza con un profumatissimo aroma di limone?

giovedì 28 ottobre 2010

Un eroe dei nostri tempi.

Con la vicenda Scazzi in pieno climax, sembra che la nuova capitale mondiale sia diventata Avetrana, e mentre l’Italietta è incollata al televisore, mentre giornalisti e conduttori abbandonano qualsiasi remora e scrupolo per dare agli avvoltoi quel po’ di carne marcia che basta per tirare avanti, ci si scorda sempre degli altri morti (con tutto il rispetto).

Il 10 novembre 1995, a Port Harcourt, città sul Delta del Niger, veniva impiccato Ken Saro-Wiwa. Come gli altri otto attivisti che videro la morte insisme a lui quel giorno, Saro-Wiwa, politico e scrittore dalla popolarità indiscussa, venne ucciso perché difendeva gli ideali di giustizia e uguaglianza.
Perché lottava contro quelle multinazionali petrolifere (in particolare la Shell) che con le loro attività di estrazione dell'oro nero rovinavano i territori dove risiedeva il piccolo gruppo etnico degli Ogoni, dal quale esso proveniva.
Figura di grande rilievo in tutta la Nigeria, lo scrittore, usò la politica per difendere i deboli. Ma, come è sempre successo, i “buoni” non fanno mai comodo.
Chi predica bene, raramente viene risparmiato, vedi Gandhi, Falcone e Borsellino o, un po’ più indietro, Cristo.
Tra gli scritti di Saro-Wiwa vi è una poesia che ripropongo qui sotto:


La vera prigione
(K. Saro-Wiwa)

Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un'intera generazione
E' il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L'inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
E' questo
E' questo
E' questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.


Nel 2009 è uscito A sangue freddo, secondo album del gruppo rock italiano Il Teatro degli Orrori. La traccia che da il titolo al disco è dedicata proprio al poeta nigeriano. Il testo del brano prende liberamente spunto da questa poesia, aggiungendo elementi inerenti all’uccisione del suo autore.

“Hanno ammazzato Ken Saro-Wiwa… Saro-Wiwa è ancora vivo!”

mercoledì 6 ottobre 2010

Il videoclip di "Fòrmica"

Sono lieto di informarvi che col mio gruppo (che poi vabè... siamo in due!) abbiamo sfornato un video!
La "regia" è curata dal sottoscritto! Enjoy!
Vi ricordo che potete andare sul nostro Myspace a sentire altri pezzi e ad ammirare le nostre gesta cliccando QUI.

sabato 25 settembre 2010

"Della cultura non si dà ricetta: ma, poiché la cultura non è l'erudizione, cultura diviene solo quella che, entrando a far parte della conoscenza, accresce la coscienza." 
[C. Brandi]

mercoledì 22 settembre 2010

Citazioni #2: Woody Allen

Ci sarebbe tanto di cui parlare su un personaggio come Woody Allen.
Le sue frasi – che snocciola nei film, nelle interviste, o qualsiasi altra volta in cui si dia possibilità al suo cervello di esprimersi attraverso la sua bocca – spesso introducono temi assolutamente profondi, per poi risolversi in modo beffardo e dissacrante.
Ce n’è per tutti; dall’amore alla religione, dalla vita alla morte… tutte opinioni condivisibili o meno, ma tutte assolutamente geniali e degne i nota!
P.S. È estremamente pessimista!!!


Il mondo sta rimanendo senza geni... Einstein è morto, Beethoven è diventato sordo... e io incomincio a non sentirmi bene.

È importante l'amore, ma anche il colesterolo

Sono agnostico, ma credo un po' anche all'ateismo.

Il mio dottore dice che facendo le scale a piedi si guadagnano minuti di vita. Rampa dopo rampa ho guadagnato due settimane, durante le quali pioverà sempre...

Sono sfortunatissimo al gioco. Penso di essere l'unico al mondo cui capita una mano al poker con cinque carte e nemmeno due dello stesso seme.

La maturità di una persona non si misura dall'età ma dal modo in cui reagisce svegliandosi in pieno centro in mutande.

La psicanalisi è un mito tenuto vivo dall'industria dei divani.

I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.

Quando ero piccolo i miei genitori mi volevano talmente bene che mi misero nella culla un orsacchiotto. Vivo.

Quand'ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli.

Quando ero piccolo, mia madre mi diceva sempre: "Se uno sconosciuto ti avvicina, ti offre caramelle e ti invita a salire in macchina con lui, vacci!".

Ho una gran voglia di uccidermi, ma ho talmente tanti problemi che non sarebbe una soluzione.

In un momento tutto il film della mia vita mi è ripassato davanti agli occhi. E io non ero nel cast!

Si vive una sola volta. E qualcuno neanche una.

La vita è un caos con poche oasi e qualche momento comico.

Ho una concezione molto pessimistica, io, della vita. Io ritengo che la vita sia divisa in due categorie: l'orribile e il miserrimo. Sono queste le due categorie. Orribile sarebbero i casi più gravi, mi spiego? Tutti i ciechi, gli storpi e così via. Miserrimo sono tutti gli altri.

La vita é sostanzialmente tragica: ma qualche volta riesce ad essere meravigliosa.

venerdì 17 settembre 2010

Citazioni #1: Charles Bukowski

Iniziamo un’altra “rubrica” (???). Quella delle citazioni famose. Cioè, di citazioni ogni tanto ne infilo, ma voglio proprio prendere un personaggio di volta in volta e scrivere alcune tra le frasi che più ritengo interessanti. Inoltre mi sento sempre un emerito imbecille quando faccio tutte queste introduzioni inutili alle novità, quindi basta con le menate e via!
Si parte con uno dei miei autori preferiti: un alcolizzato dalla dubbia moralità che non mi sentirei di eleggere a maestro di vita, uno le cui scelte non sono sempre condivisibili, ma uno che, a suo modo, della vita aveva capito molto. Charles Bukowski.


La differenza fra una democrazia e una dittatura è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare.

Ovviamente è possibile amare un essere umano, se non lo si conosce abbastanza bene.

Credo che non viaggerò mai più. Viaggiare non è altro che una seccatura: di problemi ce ne sono sempre più che a sufficienza dove sei.

Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice.

Che differenza c'è tra poesia e prosa? La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'.

Il codardo prevede il futuro, il coraggioso non ha alcuna immaginazione.

I soldi sono una cosa seria. Qualcuno è convinto persino che parlino.

Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere umano.

Scrivere poesie non è difficile; è difficile viverle.

Se mai dovessi parlare di amore e di stelle... uccidetemi!

La gente è strana: si infastidisce sempre per cose banali, e poi dei problemi gravi come il totale spreco della propria esistenza, sembra accorgersene a stento.

Non cerco mai di migliorarmi o di imparare qualcosa, rimango esattamente come sono. Non sono uno che impara, sono uno che evita. Non ho voglia di imparare, mi sento perfettamente normale nel mio mondo pazzo; non voglio diventare come gli altri.

I poveri ti guardano come un essere umano perché conoscono la vita.

Godo nel minacciare il sole con una pistola ad acqua.

L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perché provi un senso di benessere quando gli sei vicino.

Qual é la differenza fra un tizio che sta in galera e il tizio qualunque che incontri per strada? Il tizio che sta in galera é un perdente che ci ha provato.

A volta ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte lo so di sicuro.

La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto.

giovedì 16 settembre 2010

A volte ritornano #1

"Ho cancellato un vecchio e pateticissimo blog che tenevo per scrivere pensieri e robe molto tristi ed ho partorito questo, per scrivere cose ugualmente tristi... forse."
Questo blog inizia così, nel senso che il primo post inizia con queste parole. Però, da buon nostalgico, ho conservato le cose che avevo scritto nel blog (quante volte l'ho già detto "blog"?) e le risfodererò, quando capita.
Tenete presente che ero un giovane emo che non si vestiva da emo.

giovedì 10 gennaio 2008
Piazza dei Cavalieri sembra più grande quando è nuvoloso
14.06, esco da scuola e attraverso Piazza dei Cavalieri.
il grigioazzurrochiaro del cielo cancella le ombre, rende infiniti gli oggetti. sembra tutto più grande quando è nuvoloso, quando il sole sembra essere una figura evanescente dietro a quella commistione di vapore, fumo e sostanze chimiche.
una ragazza eccentrica, con un giacchettino giallo canarino accesissimo, mi passa accanto leggendo qualcosa che mi piace pensare fosse un copione e io penso "bello essere così eccentrici".
mi dirigo verso la fermata e attraverso i vicoli che rimangono tra Piazza dei Cavalieri e Piazza Santa Caterina.
le mattonelle grigie, il cielo grigio, le persone grigie. persino i vicoli con questo cielo sembrano più larghi.
i miei pensieri sono fermi, non vago molto... penso solo al capodanno che ho appena passato, alle ore di sonno che devo recuperare e al fatto che ultimamente sto prendendo tutto molto meglio.

mercoledì 15 settembre 2010

Del mutamento

In un percorso (artistico e non) ci dev’essere per forza un cambiamento costante.
Che sia un’evoluzione o una devoluzione, che si migliori o si peggiori, il mutamento dev’essere lo scopo principale. Più importante della meta finale, che anzi dovrebbe essere la cosa meno fondamentale.
L’obiettivo deve’essere un costante work in progress, e non un fine.
Se, trovato un risultato più o meno soddisfacente, si continua a mantenere quella rotta, allora tutto finirà per atrofizzarsi, accartocciarsi su sé stesso. Fino all’implosione a all’annullamento.
A costo di sperimentare forme nuove ed incomprensibili, a costo di non piacere più agli altri, evolviamoci!

giovedì 9 settembre 2010

Suonavamo perché l'Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov'era, e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio. E suonavamo il ragtime, perché è la musica su cui Dio balla, quando nessuno lo vede.
Su cui Dio ballava, se solo era negro.
[Alessandro Baricco, "Novecento"]

lunedì 6 settembre 2010

Elio ed il "fattore X"

Orbene, questo blog dev’essere tenuto vivo, e qualche argomento per farlo lo devo trovare (che poi è un altro modo per dire la stessa cosa che dico quando non scrivo per un po’ di tempo…). L’argomento oggi l’ho trovato, e provo a snocciolare la questione.

Tra le fila di chi ascolta la musica gggiusta s’è fatto un gran discorrere sulla partecipazione di Elio (al secolo Stefano Belisari) come giudice ad X-Factor, Rai Due.
Leggiucchiando i vari commenti alla notizia rilasciata sul sito ufficiale si evince che, com’è giusto che sia, ci sono gli estremisti totalmente contrari, gli estremisti totalmente entusiasti della cosa e i mediani.
Frase tipo degli estremisti totalmente contrari: “non comprerò mai più i suoi dischi, si è dimostrato incoerente.”
Frase tipo degli estremisti totalmente entusiasti: “è un professionista, apporta qualità al programma.”
Io mi ritengo un mediano sulla questione. Seguo gli Elio e le Storie Tese da qualche tempo, conosco abbastanza opere e gesta per poter affermare che: come musicisti sono tutti dei mostri sacri, senza considerare la loro smisurata genialità; come gente, almeno nella vita pubblica, sono tutte persone per bene; quando hanno partecipato a trasmissioni televisive anche su grande scala, hanno sempre fatto cose qualitativamente ottime, senza mai scadere nel banale.
La cosa strana qual è? Elio che si presta al ruolo di giudice in una trasmissione televisiva che, sinceramente, non so quanto abbia di onesto ed autentico. Elio che accetta di fare la parte del critico che può stroncare o elogiare i partecipanti di una gara artistica (Battiato, seppur invitato dal suo amico Morgan, disse che non avrebbe mai partecipato ad X-Factor, come ospite, perché odia le competizioni).
Quello che posso affermare con sicurezza è che, esattamente come Morgan, in quanto a cultura musicale e non, Elio è uno che va lasciato stare. Se non altro, dispensando giudizi sinceri e liberi dagli schemi televisivi, non può che portare una ventata di qualità al programma. Piccola parentesi: anche gli altri due giudici non sono mica degli idioti: Ruggeri fa musica da una vita e la Maionchi se è dove è non può essere di certo una mentecatta. Il fatto che poi ci pensi la moglie di Gigi D’Alessio a rovinare il tutto è un’altra questione.
Va bene, forse il fatto che “qualche euro” in più nella busta paga porti una persona di un certo livello a rinnegare parte dei suoi ideali è condivisibile o meno. Mi vengono in mente i Ministri: Davide (cantante e bassista) affermò che il gruppo non sarebbe mai passato ad una major; poi firmarono un contratto con Universal e tutti a dire BUUUUUUU!, però l’album che hanno tirato fuori, almeno qualitativamente, era nettamente superiore al primo.
Per quanto riguarda l’aderire ad un sistema come quello della Rai per una maggiore visibilità, sinceramente, non ci vedo nulla di male. Basta co’ ‘sta storia della musica di nicchia!
In conclusione: Elio come giudice ad X-Factor, ok, forse non è il massimo, ma c’è di peggio nella vita. Non per questo bisogna rinnegare grandi prodotti musicali passati e futuri.

domenica 22 agosto 2010

Contrariamente a quanto precedentemente annunciato...

...questo blog torna ad essere gestito da una sola persona che risponde al nome di Me.

Un lungo periodo di vacanza mi ha visto protagonista, portandomi a spostarmi in latitudine e longitudine sul suolo terrestre... ma ora la pacchia è finita e ci sono foreste di dispense ad aspettarmi! Yes!

A presto nuovi aggiornamenti, forse.

Saluti più o meno distinti, cari lettori.

venerdì 23 luglio 2010

Il test di Bechdel

Gironzolavo su Lega Nerd quando ho trovato un post piuttosto interessante…
È raro che ci si faccia caso (almeno, io l’avevo sentito dire un paio di volte, ma non mi sono mai applicato nell’appurarlo), ma nella stragrande maggioranza delle pellicole cinematografiche la presenza delle donne è ridotta all’osso.
Chi ovviamente non ci sta sono le femministe; ma al di là delle ideologie, questo fatto fa capire come la società sia incentrata molto sul concetto che sia l’uomo a mandare avanti il mondo.
Personalmente ho anche io delle mie idee sulla questione, idee che potrebbero essere considerate anch’esse maschiliste, ma che in realtà non lo sono… tuttavia non starò a riproporle qui.
Tornando al discorso di cui sopra, per capire se in un film le donne hanno effettivamente un ruolo, basta eseguire il cosiddetto test di Bechdel.
È molto semplice, basta analizzare un film ponendosi tre domande:
    1) Ci sono almeno due donne con un nome fra i protagonisti?
    2) Interagiscono fra di loro?
    3) Se interagiscono, parlano di qualcosa che non siano gli uomini?
Va da sé che se la risposta non è sì a tutte e tre le domande il film può essere considerato di stampo “maschilista”. Ovviamente non è che ogni pellicola che risulta negativa al test è stata scritto, diretta e prodotta da maschilisti; semplicemente, come già detto, il forte ruolo dell’uomo nella società si ripercuote anche laddove ci dovrebbe essere più libertà in questo senso.
La lista di film che non hanno passato il test è chilometrica, bechdeltest.com è il sito adibito a proporre una rassegna piuttosto ampia di film affiancati da un simbolo (con tanto di legenda) che ne identifica il grado di “feminist friendly”.

mercoledì 21 luglio 2010

Spotorama #2: Ossa ossa alla riscossa

Il video ve lo devo linkare, l'unica versione originale è sul canale creato apposta dalla Danone, e l'incorporamento lo hanno vietato, sigh! Eccolo: http://www.youtube.com/watch?v=dNcJxRr3Geo&feature=related

Bene, allora… prima di tutto, vedendo questo spot, la prima domanda che uno si pone è: cosa c’incastra che in un alimentari una tipa si gira dal nulla, ad altre due chiedendo loro se sono sicure di assumere abbastanza calcio?!
Sullo sfondo un bancone degli affettati con un macellaio della domenica intento a servire una signora. Mentre la nostra attenzione viene catturata da una truccatissima Stefania Sandrelli che, con tono piagnucolante, rivolge la domanda di cui sopra ad altre due coetanee, probabilmente sconosciute, le due donne rispondono con fiera sicurezza di assumere abbastanza calcio – in una situazione reale, ovviamente, sarebbe partiti una serie di inni alla privacy della serie “ahomachecacchiovòilimortaccituaedetusorella!” – ma la Sandrelli le spiazza, richiamando a bordo schermo una grafica che ci umilia brutalmente le due casalinghe, mostrando loro che nonostante il latte e il cacio la loro dose di calcio nelle ossa non è sufficiente! Allorché la Sandrelli sfodera un vasettino di Danaos da uno scaffale che ne è pieno… e via con la musica!
Intanto delle scritte in sovraimpressione ci informano che ok, sì, il Danaos è fico però devi anche stare a dieta, andare a correre, non fumare, non bere e bla bla bla.
Verosimilmente le tre donne ne aprono un vasetto a testa e se lo sbrodolano lì sul posto, apprezzandone il gusto. Dopodiché il macellaio di prima, che intanto è diventata una donna, corona il tutto con una battuta originale quanto la trama di Avatar.

sabato 10 luglio 2010

Apprezzamenti

Potrei avere un'idea su chi sia l'autore di tutto questo, ed in quel caso sarei propenso ad optare per l'ipotesi "scherzo", ma se così non fosse, io, giuro, ADORO QUESTE COSE!!!

giovedì 8 luglio 2010

Art Session: Graffiti Technica

I graffiti sono quella cosa tanto odiata dai benpensanti. Scritte più o meno belle, più o meno incasinate, più o meno artistiche che rovinano i muri delle città, danno un senso di squallore e bla bla bla bla. Non siamo qui per entrare nel merito...
Quello di cui volevo trattare è questo tipo, di cui non sono riuscito a reperire il nome vero, che risponde allo pseudonimo di Graffiti Technica: un personaggio che unisce lo stile della street art e la modellazione 3D per creare immagini e video. E' inutile stare a fare una descrizione dei risultati... guardate coi vostri occhi!!!

Il suo sito: graffititechnica.com/index.html



Graffiti Technica reel from Graffiti Technica on Vimeo.

Niu èntri!

Gentili lettori, gentili lettrici, sono lieto di annunciarvi che questo blog non sarà più egocentrico (nel senso “gestito interamente da me”) ma da oggi c’è un nuovo collaboratore.
Dopo il cambio dell’url di ieri, ho pensato anche di invitare qualche altro amico, compagno, conoscente, sconosciuto, a scrivere su questo spazietto.
Il primo a cui ho rivolto il mio pensiero è stato tale Gus (alias Gabriele), già mio collega su Il cattivo, il Brutto, il Buono nonché mio amico da diverse estati.
Del resto il titolo del blog inneggia alla casualità nel suo senso più ampio, tradotto sarebbe “qui chiunque può scrivere qualunque cosa”… più o meno…

mercoledì 7 luglio 2010

Il blog cambia url!

Ebbene sì, sono passata da un troppo personale "chappino.blogspot.com" ad un più specifico ma generico sceltecasuali.blogspot.com

Art Session: Glenn Jones

Stamani sono in vena di post!
Non si parla qui del Glenn Jones cantante soul, ma di un suo omonimo neo zelandese che fa il grafico/illustratore ed è assolutamente geniale!!! Ne sono venuto a conoscenza cercando non ricordo cosa su Google e trovando il suo sito sul quale si possono ordinare magliette ed altri ninnoli con le sue grafiche. Eccovi i link e, sotto, alcuni esempi di quello che questo tizio produce!

Il suo sito: glennz.co.nz
Il sito dove ordinare le magliette: store.glennz.com (andate anche nella sezione "votes", ci sono altre chicce che si possono votare e quindi candidarle alla stampa su maglietta!)



P.S. Quest'ultima l'ha ordinata anche il sottoscritto!!!

La dimostrazione del fatto che si possano fare diagrammi su qualsiasi cosa!

In mancanza di argomenti bisogna arrangiarsi. Poi oh, “scelte casuali, casualità scelte”, quale miglior titolo potevo dare a questo blog per giustificare qualsiasi cosa io posti?
Bene, oggi è il turno di GraphJam, un sito che raccoglie migliaia di diagrammi e schemi su qualunque cosa. Se non avete voglia di cliccare sul link ve ne metto sotto alcune che ho raccolto fra le più recenti… e mi sbatto anche per tradurle!
 
Come reagire in un emergenza
- aggiornare il proprio status su Facebook
- mandare un messaggio su Twitter
- usare la videocamera del telefonino per fare un video da mettere su YouTube
- chiamare i servizi d'emergenza

Come mi comporto quando non riesco a passare un livello in un videogioco
- smetto di giocare
- gioco ad un altro gioco
- porovo una strategia diversa
- divento pazzo, impreco e tiro il joystick
- faccio la stessa identica cosa per le 2 ore successive e m'inc***o sempre di più finché non funziona

Il paradosso del telefono
Persone che mi chiamano - Persone con cui voglio parlare

Cosa fanno gli elicotteri nei film d'azione
- esplodono

Motivi per cui la gente vuole un Mac
- SO Unix
- nuovo processore Intel Nehalem
- meno crash
- gorssa capacità di realizzare opere multimediali
- meno virus
- ODDIO QUANT'E' CARINO!!!!

Per cosa uso il mio Zippo
- accendere le sigarette
- click, clack! click, clack!

Quando provo a cercare la risposta ad una domanda
- digiti la domanda su Yahoo Answers
- Yahoo mi dice che non ci sono risposte alla mia domanda
- digiti la domanda su Google
- (Google) ti porta alla stessa identica domanda su Yahoo Answers

Cosa imparano i bambini da Cenerentola
- una pirincipessa può venire da ogni posto
- dovrei essere grato per ciò che ho
- dovrei sempre essere me stesso
- è brutto quando i tuoi genitori muoiono
- le ragazze bione e carine ottengono sempre ciò che vogliono e le persone brutte sono cattive

...e infine una chicca!
Temi scientifici che i fan dei Pink Floyd comprendono
- E=mc²
- Gravità
- tettonica delle placche
- evoluzione
- botanica
- spettro della luce

giovedì 1 luglio 2010

A propos de la musique commercial

Avevo quasi perso le speranze di poter riaprire questa pagina cliccando su “nuovo post”, ed invece eccomi qui! Eh, oh, quando mancano gli argomenti…

Qualcuno di voi conosce Pronti al Peggio? È un sito dove l’argomento principale è la cosiddetta “musica indie italiana”. Qualche volta capita che fra i vari lettori (o sarebbe meglio dire “guardascoltatori”) del sito scoppino delle vere e proprie risse virtuali per difendere o infamare personaggi più o meno noti che a loro volta difendono o infamano la musica più o meno commerciale.
Ora, tutto questo per me è solo uno spunto per dire quanto segue: la musica commerciale esiste fino a quando hai 16 anni, crescendo, se continui a interessarti della cosa, inizi a renderti conto che la distinzione non è più tanto tra commerciale o non commerciale, tra roba per intenditori o roba per le masse di quindicenni con la maglietta di Twilight e Ray Mysterio (che poi… esiste ancora?). È vero, esistono pezzi che sono più facilmente ascoltabili – ed ascoltati quindi da svariate persone – e pezzi che hanno bisogno di un certo gusto personale e di una, chiamiamola così, cultura musicale per essere digeriti. Il problema non è tanto il fatto di criticare una canzone se l’ascolta qualcun altro oltre a te e a qualche tuo amico di Myspace: il problema sta nella qualità! Invece di dire che quel pezzo è commercialefaschifolascoltatroppagenteladygagaprimaeraunuomo, soffermiamoci a capire se una determinata canzone è un prodotto qualitativamente alto o meno. Su cosa bisogna basarla questa valutazione? È difficile da dire, i fattori sono molteplici, io stesso (che comunque sono un ascoltatore assiduo, spazio tra molti generi diversi e mi diletto a suonare in un gruppo – insomma, ritengo di intendermene giusto un po’ di più della celebre casalinga di Voghera) avrei difficoltà a trovarli tutti. Sicuramente c’è l’originalità della musica: un musicista bravo non è uno che sa fare virtuosismi impossibili, ma una persona che riesce a comporre e trovare cose che nessun’altro riesce a trovare (vedi Elio e le Storie Tese, che oltre ad essere dei musicisti eccelsi, hanno una capacità compositiva ed un genio fuori del normale). Poi, nel caso ci sia, bisogna anche vedere la qualità del testo (vedi Fabrio De André, Franco Battiato… non vedere assolutamente Gigi D’Alessio, per essere banali). C’è da vedere quanto una canzone riesca a coinvolgere l’ascoltatore; ok, quest’ultima è una cosa che risponde anche molto al gusto personale, ma per il resto… non ci vuole molto per capire che i Tokio Hotel od i Lost sono idolatrati perché sono tutti dei figoni con più lacca che capelli, prima di essere dei musicisti.
Insomma, per concludere, non mi sembra che i Pink Floyd siano mai stati un gruppo di nicchia.

P.S. Mi fanno notare che servivo proprio io per dire questo! No, lo so, però avevo qualcosa da dire, e poi sembra che a molte persone che certe cose dovrebbero averle chiare, a volte sfuggano! Cheers!

lunedì 12 aprile 2010

Spotorama #1: Viva viva la mano giuliva!


Chiunque abbia visto l’ultimo spot Tim si è posto delle domande. Bene, è ora che quelle domande abbiano una risposta!
La compagnia telefonica punta sul fascino che Belen Rodriguez esercita sull’italiano medio (io compreso) e le mette accanto il comicissimo, simpaticissimo, pacionissimo, figlissimo d’arte Christian De Sica, per fare ancora più colpo sull’italiano ancora più medio (stavolta, io non compreso). A fare da sottofondo a questo preludio, nientepopòdimeno che l’ultima hit del momento. Nella fattispecie Lady Gaga… e qui l’italianomediezza si sente sempre di più!
I due sono poliziotti con divise americane alla guida di una macchina della polizia americana, ma ovviamente, parlano italiano. Romanesco, nel caso del De Sicone nazionale.
Arrivano in questo quartierino medio-berghese alla ricerca di chissà quale losco traffico di organi di minorenni senza sapere nemmeno dove cercare quello che stanno cercando. L’argentina tutto pepe, con una scollatura che vedreste a qualunque poliziotta in america, invita il nostro eroe a seguire il suo instinto infallibile verso la casa incriminata. Christian, con una mossa molto molto virile, sfonda la porta dell’abitazione in questione ed è qui che lo spot prende una gran brutta piega.
I due si trovano esterrefatti davanti alla zia del romano tutto simpatia che sta cucinando. Sorvoliamo che lui non sapesse del fatto che la zia abitasse in quella casa, sorvoliamo che loro gli hanno appena sfondato 100 dollari di serratura e la zietta la definisce una sorpresa, tutta bella contenta... il clou della decadenza è dietro l’angolo!
Christian, che nello spot si chiama Cesare, si accorge che la zia sta cucinando e, scordandosi completamente di essere un poliziotto in servizio, si autoinvita a quello che si prevede essere un lauto pasto, chiedendo se sono dei bucatini a bollire in pentola. La zia, sempre più entusiasta della visita del nipotino, con un tono più irritante di una tutina aderente fatta con la carta vetrata, esclama “Fusilli!”. E quella che è una delle cose più oscene che la pubblicità italiana abbia prodotto negli ultimi anni è destinata a rimanere impressa nelle nostre menti per sempre. Perché ai telespettatori cci piace ‘sta robba qua!
Ma non è finita qui!!! La vera chicca arriva adesso, quando Cesare scaccia la sua collega da quello che sarà un paradiso culinario allontanandola con entrambe le mani... e quindi, mentre la mano sinistra si a va posare vigorosamente sul fianco della poliziotta, la mano destra... e dove va quella mano destra?! Eh?! Christian Christian!!! Cosa direbbe il babbo se fosse ancora fra noi!? Eh?!
Pare tanto assurdo che dietro a questi spot così inutili, ci siano fior fior di cervelli che studiano cosa dire a tutti quelli che guarderanno la TV in quel momento, per mandare a segno le loro offerte.
Quindi, l’italiano medio di cui sopra, si fa questo calcolo: passare a Tim = essere dei fighi come De Sica; lavorare con Belen Rodriguez; mangiare bucatini... no fusilli!; toccare una puppa della collega ogni tanto! E via che la Tim fa i miliardi!
Inoltre, per la cronaca, De Sica ha affermato che la Rodriguez è la nuova Sophia Loren. Fate voi.

giovedì 25 marzo 2010

Trenitalia informa #1

I giapponesi ce l’hanno di vizio! Dategli dei sedili di un treno e loro, dopo essersi tolti le scarpe, li useranno come poggiapiedi. Matematico. Già che i treni regionali (ambiente che, viste le mie doti di pendolare, conosco molto bene) non sono proprio il manifesto della pulizia…
Se i giapponesi, che per antonomasia sono un popolo educato e piuttosto fine, usano i sedili come poggiapiedi, non oso immaginare cosa facciano i rappresentanti delle altre etnie per rendere altrettanto sudici quei capolavori tipici del design che unisce la bellezza al comfort (quasi quanto una poltrona da dentista ricoperta di vetri).
Per invogliarvi a sedere senza indugio su un sedile Trenitalia voglio condividere con voi questo bel quadretto: un treno regionale ospita una media di 80 passeggeri per vagone ad ogni viaggio (non so il numero preciso, vado per calcoli approssimativi) tra cui italiani sudaticci, tedeschi aromatizzati ai crauti, giapponesi poggiapiedisti, marocchini e/o arabi non proprio profumatissimi (e non venite a darmi del razzista!). Ora fate un mix di tutto questo PIL organico e riversatelo su un sedile Trenitalia. E non è finita qui! Il poggiatesta: tra tutte le persone di cui sopra, quante pensate che mettano il loro cranio sul poggiatesta coi capelli appena lavati di fresco?! Non so, tiro a indovinare, 1 su 40? Quindi fate conto che come i vostri capelli toccano quella malefica gomma nera è già tanto che non moriate sul colpo per un attacco di colera, difterite, aids od altre malattie conosciute e non.
Provate a prendere un regionale dalla tratta Pisa Centrale – Roma Termini il 15 luglio. Una volta arrivati a Roma, con la schiena sempre appoggiata sul sedile (una pausa concessa: pisciata di metà corsa), andate nel primo bagno, o se siete spudorati anche appena fuori dal treno, toglietevi la maglietta, portatela a contatto col vostro naso e tirate un bel respirone, come quello che dareste appena arrivati in cima all’Everest dopo una scalata di 6 ore. Se non svenite all’istante, converrete che c’è più marcio in un sedile Trenitalia che in Danimarca [cit.]. Inoltre, e parlo ancora per esperienza personale, se lo stesso giorno, vi venisse in mente di schiacciare un pisolino con un lato della testa appoggiato alle due protuberanze del poggiatesta, vi invito ad accertarvi di non avere residui di gomma nera spalmati su tempia e capelli al vostro risveglio. Non è per niente una bella esperienza!

Dopo tutto questo post inutile sull’igiene dei treni delle FS (prima o poi toccherà anche alla precisione svizzera nel rispettare gli orari) vi invito a ricordarvi che, qualora prendiate un treno regionale da Pisa per Firenze, su uno di quei sedili, potrebbe esserci anche traccia del mio sudore.

martedì 23 marzo 2010

Guida TV, ovvero "Dimmi cosa guardi e ti dirò chi voti"

Porta a Porta è di destra.
Ballarò  è di sinistra.
Annozero è presumibilmente di sinistra.
Il TG1 è molto di destra.
Il TG3 è di sinistra all'85% e di destra al 15%.
Il TG4 è di destra al 50% e molto di destra per l'altro 50%.
Studio Aperto è di destra, ma non si direbbe, visti gli argomenti solitamente trattati.
Striscia la Notizia è molto meno di sinistra di quanto sembri.
Le Iene è di sinistra?!?
I programmi di Enrico Papi sono delle cacate.
Il Grande Fratello è per i poveri.
Il Festival di Sanremo è di destra, fidatevi.
Matrix non lo so, l'ho visto pochissimo, ma credo non sia troppo di sinistra.
Mattino 5 è di destra.
L'albero Azzurro è di sinistra.
L'Isola dei Famosi è di destra.
Affari Tuoi è da sfigati, specialmente le puntate "speciali".
L'Eredità è anarchico.

sabato 13 marzo 2010

La simpatia di Enrico Papi...

Enrico Papi è simpatico come le sabbie mobili.
Enrico Papi è simpatico come la chat di Facebook.
Enrico Papi è simpatico come un cubetto di ghiaccio sui denti.
Enrico Papi è simpatico come un neo peloso su tutta la faccia.
Enrico Papi è simpatico come le api della pubblicità del Miel Pops.
Enrico Papi è simpatico come gli esami a giugno.
Enrico Papi è simpatico almeno quanto i programmi che conduce da dopo Sarabanda a questa parte.
Enrico Papi è simpatico come la Microsoft che ti blocca il PC perché hai i programmi crackati.
Enrico Papi è simpatico come una puntata di Striscia la Notizia guardata da dentro una gabbia piena di serpenti e vedove nere.
Enrico Papi è simpatico quasi quanto una calzamaglia di lana di pecora indossata a ferragosto sulla pelle nuda.
Enrico Papi è simpatico come un piercing sull’alluce.
Enrico Papi è simpatico come «Ti lascio perché ti amo troppo!»
Enrico Papi è simpatico almeno quanto uno che ti ruba l’ultimo m’n’m della bustina.
Enrico Papi è simpatico come quando ti parte la corrente dopo che hai scritto un documento in Word di 6 pagine e ti sei scordato di salvare.
Enrico Papi è simpatico come il caffè bollente.
Enrico Papi è simpatico come l’odore di una tanica di vino che ti si è rovesciata nel bagagliaio della macchina.
Enrico Papi è simpatico come un’oasi nel deserto. Quando sei già morto.

lunedì 8 marzo 2010

Se qualcuno che crede di aver capito come gira il mondo, ha qualche consiglio utile… per favore, se lo tenga per sé!

Basta coi maestri di vita gratuiti. Smettetela di auto eleggervi a vati alla guida di un popolo che non vi appartiene. Scendete dai vostri piedistalli d’argilla e venite a vedere che quaggiù la vita non è come pensate voi. Che le vostre perle di saggezza, qui, cadono nel fango e, inutile dirlo, vengono mangiate dai porci che, per altro, ne sono molto ghiotti.
Fatela finita di essere i profeti di una vita perfetta! Toglietevi quella targhetta da essere divino e venite ad appurare che qua di divino c’è ben poco; che le persone sono fatte in un certo modo e non saranno certo le vostre sentenze a renderle migliori! Siamo umani porca miseria!
I difetti sono la perfezione degli imperfetti.

sabato 6 marzo 2010

Miscellanea marzolina

Quella volta andavamo in giro e sparavamo a tutti quelli che non avrebbero potuto prenderci.
Quella volta ridevamo della nostra stupidità e pensavamo a quanto fosse poi triste la nostra vita.
Quella volta ci guardavamo intorno con molti sospetti, le facce degli altri ci sembravano dei bersagli in movimento e non avevamo idea di come potercene liberare. Ce ne stavamo lì a guardar passare le macchine e a respirare il loro fumo, troppo ingenui per renderci conto che sarebbe stato così facile distogliere lo sguardo.
Quella volta ci trovammo a fumare ossigeno e ad aver paura di essere arrestati. Ci guardavamo in faccia e per un attimo avemmo la sensazione di essere noi i nemici di noi stessi. Ci guardavamo le mani e vedevamo che gocciolavano. Alla fine uno spera sempre che non sia sangue.
Quella volta non era una delle migliori volte della mia vita, però non stavo male. In mezzo a tutti le nostre incertezze sorridevamo.
Quella volta ci sentivamo vivi da morire.



È la solita vecchia storia: i blog iniziano a marcire perché i blogger non sanno più cosa scriverci sopra. Sarà che quel poco che scrivo per la rete, ultimamente, è destinato tutto all’altro blog linkato nel post precedente (ed in caso ve lo foste perso cliccate subito!).
E così tengo acceso Messenger, ogni tanto mi collego su Facebook ma non prendo alcuna iniziativa. Ho iniziato, già da un po’, a disconoscere questi ultimi come veri e proprio mezzi di comunicazione. Proprio ieri sera dicevo ad un’amica che l’unico uso utile della chat in questo momento è quello di mettermi d’accordo col gruppo per le prove, e qualche chiacchiera priva di senso con contatti più o meno amici. È raro che usi l’omino verde per interagire con un altro omino verde in modo produttivo.
La realtà è che ci stiamo atrofizzando.
Forse è questo che volavano dirci i fratelli Wachowski quando hanno girato Matrix, le macchina che tengono in vita l’uomo… forse non è proprio un’utopia! Mh!
E mentre aspetto con impazienza l’ultima e definitiva puntata di Lost continuo a compilare moduli SIAE, fare il pendolare per Firenze e scordarmi di pensieri più o meno filosofico-geniali che dovrei appuntarmi subito! Me misero, me tapino.
Oggi c’è il sole, è una gran bella giornata. L’ideale per chiudersi in una cantina a suonare il proprio strumento ed azzardare una cover di Karma Police, dei Radiohead!
Saluti più o meno distinti.

lunedì 8 febbraio 2010

E' arrivato, ma già da un po', il blog (tenuto da me ed altri due illustri colleghi) su recensioni cinematrogratfiche, eccolo qui:
IL CATTIVO, IL BRUTTO, IL BUONO

sabato 23 gennaio 2010

Vertov Rulez

Vi ripropongo qui di seguito una tesina che ho fatto per un esame che devo dare fra pochi giorni, sperando che, se volete leggerla, possiate trovarla di vostro interesse.

“The Man with a Movie Camera”
La nascita delle sinfonie urbane; il capolavoro di Dziga Vertov con le musiche dei Cinematic Orchestra


Le sinfonie urbane

Nel 1900, con la nascita delle Avanguardie Storiche, cambiano il modo e la volontà di vedere e, conseguentemente, raccontare la vita quotidiana. Cambia il metodo di analisi del mondo circostante. Questo grazie anche all’affermarsi di nuove tecnologie e nuovi media quali televisione e radio. Un altro grande mezzo di comunicazione che si sviluppa particolarmente in questo periodo è il cinema. Il cinema, o meglio, i primi registi cercano un distacco dal modo di fare arte dell’epoca per scoprire nuovi metodi espressivi, nuove forme di comunicazione. Questo tipo di nuova espressione era possibile anche grazie a tutte quelle tecniche e scelte stilistiche proprie esclusivamente dell’arte cinematografica: la ripresa della scena da angolazioni particolari; il movimento della macchina da presa; la scelta del taglio della pellicola e del ritmo nella fase del montaggio etc.
È proprio il cinema che dimostra di essere all’altezza di rappresentare la modernità, la velocità e la frenetica attività delle metropoli: nascono così le sinfonie urbane.
Le grandi città diventano i luoghi dove, grazie alla cinepresa, si possono creare delle vere e proprie composizioni ritmiche di immagini.
Gli artisti del tempo si convincono che la quotidianità vada raccontata in modo distaccato, oggettivo, vada documentata; è come se i registi fossero delle “figure super partes”, non mettono alcunché di personale nelle loro documentazioni, ma analizzano in modo imparziale la realtà che si presenta loro davanti.
Il primo esempio di sinfonia urbana, quasi la “cerimonia inaugurale” di tutto il filone, è Berlino, sinfonia di una grande città (Berlin, die Symphonie einer Grosstadt); un film del 1927, di Walter Ruttman. È un documentario che mostra semplicemente una giornata feriale nella città tedesca. Le particolarità sono, come già detto, i “virtuosismi tecnici” con il quale queste immagini vengono narrate.


Dziga Vertov e il cineocchio

Denis Arkadievitch Kaufaman nasce in Polonia nel 1896, da una famiglia medio borghese. Studia al conservatorio di Bialystok, sua città natale. Trasferitosi in Russia, a causa dell’invasione tedesca, studia medicina, ma nel 1917 inizia ad interessarsi al cinema e al movimento futurista; passioni che lo porteranno a decidere di cambiare nome e scegliere lo pseudonimo Dziga Vertov. Nei primi anni della sua carriera nel mondo del cinematografo lavora per La settimana cinematografica, un cinegiornale dai contenuti propagandistici. Negli anni ’20 realizza il film che sarà il manifesto del movimento Kinoki, di cui faceva parte: Il cineocchio (Kinoglaz), film dove il regista mette in pratica quelli che erano i principi delle sinfonie urbane, quindi la pura realtà priva di qualsiasi spettacolarizzazione. Così era e doveva essere il cine occhio: uno strumento assolutamente obiettivo che servisse per la propagando dello stato sovietico.
L’apice della carriera di Vertov arriva nel 1929 con la realizzazione de L’uomo con la macchina da presa (Celovek s Kinoapparatom). In seguito a questo capolavoro l’opera del regista subisce un continuo declino. Gira altre pellicole di stampo documentaristico ma non raggiunge mai livelli più alti del film del ’29.
Dziga Vertov muore nel 1954 a causa di un cancro.


The man with a movie camera

Come già accennato L’uomo con la macchina da presa è il film che segna il punto più alto della carriera di Dziga Vertov. Datato 1929, è l’opera maggiormente rappresentativa del regista; il capolavoro della produzione vertoviana e sicuramente una perla del cinema sovietico. Nella pellicola, della durata di poco più di un’ora, il regista si mette quasi a nudo, mostrando il suo modus operandi e le sue stesse idee. Vertov ha di se stesso l’immagine che impressiona sulla pellicola: quella di un uomo con un occhio in più: la sua macchina da presa, il “cineocchio” che nel film prende forma grazie alla sovrapposizione dell’immagine di un occhio e di quella di un obiettivo. Il film non ha alcuna didascalia, a differenza del resto dei film muti, e non ha un soggetto in particolare se non proprio il concetto di “fare cinema”. Le inquadrature, le scelte stilistiche e i ritmi di montaggio fanno sì che questo film venga classificato nel filone delle sinfonie urbane. Le immagini sono sempre le solite: vita cittadina, operai sul lavoro, strade gremite di gente, tram pubblici in movimento etc., ma, a differenza delle pellicole precedenti di Vertov, stavolta va scemando la componente propagandistica e prende piede il vero e proprio occhio che osserva, registra e documenta. Infatti l’attore protagonista, se così lo si può definire, del film è un cineoperatore che riprende usuali scene di vita nella città di Odessa, in una giornata lavorativa.
Il film inizia con le immagini di una sala cinematografica dove verrà proiettato il film stesso. Si abbassano le luci, l’orchestra inizia a suonare e sul telo bianco inizia il film. Le immagini sono quelle dei momenti più comuni della quotidianità: lavoro, sport, svago etc. Ma il regista inserisce nel film anche dei richiami ad alcuni momenti che segnano le tappe nella vita dell’uomo: la nascita, il matrimonio, il divorzio, la malattia e anche la morte, riprendendo lo svolgimento di una marcia funebre. Più volte viene mostrata la vera e propria fase di montaggio, curata da Yelizaveta Svilova (moglie di Vertov). Prima del finale del film vediamo addirittura (grazie ad un gioco di stop motion) la cinepresa che si anima da sola e inizia a riprendere di sua spontanea volontà, come fosse un essere pensante.
Sul lato tecnico questo film è un concentrato di ogni tipo di sperimentazione possibile: sovrapposizioni di immagini, carrellate, riprese oblique, addirittura variazioni della velocità della pellicola fino al fermo immagine completo.
Il film, come già detto, era muto e Vertov non ha mai scelto né indicato delle musiche per fare da colonna sonora, perciò dagli anni ’30 in poi sono stati svariati i musicisti che hanno composto le musiche da accompagnamento alle proiezioni, tra cui Pierre Henry e più recentemente, nel 2001, Michael Nyman. Nello stesso anno questo compito è stato assegnato agli inglesi The Cinematic Orchestra.
Il gruppo si forma alla fine degli anni ’90 per mano di Jason Swinscoe. Fin dall’inizio la musica dei Cinematic Orchestra abbraccia più generi; partendo da una base puramente jazz arriva a contaminarsi con l’elettronica, il trip-hop, l’acid e qualche leggero sprazzo di noise.
L’album, che farà da colonna sonora per il film di Vertov, viene registrato nel 2002 ed esce nella metà del 2003 per l’etichetta indipendente Ninja Tune. La durata è leggermente inferiore a quella del film per il semplice fatto che il sincronismo dell’audio con il video inizia nel momento in cui il proiezionista fa partire la pellicola e l’orchestra sotto al telo bianco inizia a suonare.
Il titolo dell’album non poteva che essere quello del film, ovviamente in inglese, The man with the movie camera.
La particolarità di questa unione è la palese “differenza generazionale”, ma la bravura dei Cinematic Orchestra è stata proprio quella di saper adattare ad un film di oltre settant’anni prima una composizione musicale assolutamente moderna, verrebbe quasi da dire “all’avanguardia”. La musica segue perfettamente le immagini del film e, quando possibile, anche il ritmo di montaggio. Sono molto riusciti i richiami ad un jazz più classico, inseriti nelle parti del film più legate ai passatempi ed al divertimento.
L’esperimento del gruppo inglese è stato, se vogliamo, quello di fare del vjing al contrario: anziché montare e mixare dei video al ritmo di una base musicale, è stata creata la composizione sonora sulle immagini della pellicola. Il risultato che ci troviamo davanti è un’opera multimediale che si estende nel tempo e, perché no, nello spazio: dalla Russia degli anni ’30 all’Inghilterra del ventunesimo secolo.