giovedì 22 ottobre 2009

Il nostro oro

Ricordo che nel cortile dell’asilo che frequentavo da bambino c’era uno scivolo; il terreno su cui era messo questo scivolo era piuttosto morbido ed umido, e spesso noi bambini ci mettevamo a scavare, con il classico legnetto, questo terreno. Sopra di noi, i meno interessati a scavare, scivolavano, e noi sotto a fare le buche. Ricordo che c’era un motivo particolare per il quale scavavamo: l’oro.
Sotto il primo strato di terra c’era un altro tipo di terra; non so per quale ragione chimico-organica, ma questa terra era di un colore fra il rossiccio e l’argentato. I bambini, si sa, hanno molta fantasia e quindi noi, bambini quali eravamo, ci dicevamo che quella terra così particolare fosse oro. Lo sapevamo benissimo che non era oro, ma ci piaceva immaginare che lo fosse.
Ci bastava un legnetto, ci bastava sederci sotto a quello scivolo e avevamo trovato il nostro oro.
Oggi, a 20 anni, mi rendo conto che non mi basta più un legnetto e un terriccio argentato. Oggi, quando pensiamo all’oro, in testa abbiamo ben altro che semplice terra. Dov’è finita quella fantasia? Dov’è finita quell’immaginazione che ti faceva essere la persona più felice del mondo con un po’ di terra? È assurdo pensare che oggi molti si sentono felici solo possedendo ettari ed ettari di terreno… e a noi ne bastava meno di un metro quadro.
La verità è che quella che noi chiamiamo “maturità”, quella specie di conoscenza che deriva dalle nostre esperienze, se viene troppo esaltata va a rimpiazzare totalmente la fantasia, l’immaginazione.

Proverò a trascrivere il testo di una canzone in vernacolo pisano dei Gatti Mézzi (dove “mézzi” sta per fradici, bagnati), gruppo jazz/swing di Pisa che fa canzone in pisano, appunto. La canzone non parla proprio del trovare oro, ma, più specificatamente, dello scavare buche. Credo sia in parte attinente e la condivido.


Artista: I Gatti Mézzi
Titolo: Vango per passione
Album: Anco alle puce ni viene la tosse

Vango la terra e mi sfogo, la rimugino, la batto, la sbriciolo e mi ci ritrovo.
Non sono un contadino; vango per passione.
Con gesto anti’o, le mano stringo ‘r mani’o, ‘r piede pigio sur pallonzolo.
Bu’o la terra, c’entro dentro.
Ah bene! Ah bene!
I lombri’i un vanno ammazzati; stai attento a’ lombri’i!
Prendo ‘n mano una zolla, grassa e profumata, l’annuso poi la strizzo.
Ah bene!
Toh, lombri’o godi! Toh, godi!
T’aiuto a bu’à, t’aiuto a anda’ più fondo.
Tieni, la merda der cane ti do! T’aiuto, aiutami: trasformala.
Vango per passione: mi rammenta ‘r mi babbino.
Vango e mi sfogo!
Dev’esse’ quer sòno sordo, quer vibrio che m’arriva ner piede puntellato sur pallonzolo.
Si strappa la radicina, si sbriciola ‘r sassino… è lì che dovento scemo!
Non sono un contadino; lui dura fati’a, si sfonda ‘r groppone, si mola le mani… io godo e basta! Alla terra ‘un ni ‘hiedo ‘ frutti, un ni do nemmeno ‘ semi.
La bu’o, la rivorto, la sciupo… ma con garbo.
Perché ‘ bimbi scavano le bu’e? Cosa cercano ‘ bimbi vando scavano le bu’e?
Io ora lo so: ‘un cercan nulla… scavano, per passione.
Dev’esse’ ‘r piace’ di vede’ ‘r vòto dove prima ‘un c’era.
“Bimbo, l’hai fatto te quer popò di bu’o?”
“Sì, l’ho fatto io! Che popò di bu’a t’ho fatto!”
Ecco, è tutto lì!

Nessun commento: